Biden-Putin, il confronto
Si terrà oggi il summit virtuale tra il presidente Usa Joe Biden e il leader del Cremlino Vladimir Putin. L’inquilino della Casa Bianca, spiega il New York Times, vorrebbe incoraggiare la de-escalation diplomatica rispetto al conflitto in Ucraina. “Ma – sottolinea il quotidiano – Biden avvertirà Putin che se ordina alle forze russe posizionate al confine di invadere l’Ucraina, gli alleati occidentali possono muoversi per tagliare la Russia fuori dal sistema finanziario internazionale e cercare sanzioni dirette sui più stretti collaboratori” del presidente russo. La Stampa pone i due leader a confronto sui tre temi principali che dovrebbero essere al centro del summit: oltre al conflitto in Ucraina, il gasdotto Nord-Stream 2 e il caso Navalny. Sul secondo punto, il gasdotto che collega direttamente la Germania con la Russia, terminato a settembre, Biden ha a lungo evitato di intervenire. Ma, spiega La Stampa, ora le pressioni del Congresso potrebbero cambiare la situazione: i repubblicani, il sostegno di molti democratici, considerano infatti Nord-Stream 2 un’operazione strategica “di Putin per sottrarre 1,77 miliardi di euro l’anno in tasse di transito alla Polonia, sottoponendo l’Ucraina a un doppio ricatto, truppe al confine e niente gas in inverno”. Per questo vogliono introdurre sanzioni contro il Cremlino.
Olimpiadi, Usa vs Cina. Un boicottaggio politico, è quello deciso dall’amministrazione Biden per le Olimpiadi invernali di Pechino. Ai Giochi, in programma dal 4 al 20 febbraio, parteciperanno infatti gli atleti americani, ma non ci sarà “alcuna delegazione diplomatica o ufficiale”, dichiara Washington. L’obiettivo, evidenzia oggi Repubblica, è denunciare “sul palcoscenico globale le violazioni dei diritti umani nei confronti della minoranza musulmana uigura nello Xinjiang, la repressione degli oppositori a Hong Kong, le pressioni militari su Taiwan”. Mentre l’Ue cerca ancora una posizione unitaria, la Cina descrive la mossa Usa come “un’offesa al nostro popolo”.
Ebraismo e gli errori nei testi scolastici. Elaborare 16 schede per l’aggiornamento dei testi in uso nelle scuole in funzione di una più corretta e approfondita consapevolezza di cosa sia l’ebraismo. È il progetto frutto della collaborazione tra Unione delle Comunità Ebraiche Italiane e Conferenza Episcopale Italiana, presentato a Camaldoli in occasione dei Colloqui ebraico-cristiani. Un’iniziativa a cui oggi Avvenire dedica un approfondimento, riportando le parole del segretario generale della Cei Stefano Russo, che ha parlato di “un lavoro di analisi critica su alcuni testi già pubblicati, perché i nuovi testi per l’insegnamento della religione cattolica possano contenere quegli aggiornamenti e arricchimenti che i documenti scritti dopo la Dichiarazione NostraAetate del Concilio Vaticano II hanno ormai reso indispensabili”. “Un progetto che parte da lontano” sottolineava a riguardo Livia Ottolenghi, assessore alle Politiche educative UCEI, presente a Camaldoli. “Un percorso che scontato non è dopo secoli e secoli di buio e antigiudaismo, – l’analisi della presidente UCEI Noemi Di Segni riportata da Avvenire – Stiamo tracciando un percorso di educazione e di studio alla convivenza, per superare con senso di fiducia quel passato”. Sempre Avvenire, richiamando il lavoro della coordinatrice nazionale per la lotta contro l’antisemitismo Milena Santerini, in un altro articolo si sofferma sulla necessità, discussa a Camaldoli, di “fermare l’antigiudaismo strisciante” di matrice cristiana.
Il destino di Zaki. Due giorni fa, Patrick Zaki è stato trasferito dalla prigione di Tora a quella di Mansoura, dove oggi è prevista una nuova udienza. I suoi avvocati presenteranno una memoria, racconta La Stampa. “Zaki rischia una condanna fino a 5 anni di carcere, per un articolo pubblicato online e alcuni post su Facebook, in cui criticava il governo egiziano per non aver fatto abbastanza per proteggere la comunità copta cristiana. È stato anche accusato di terrorismo e attentato alla sicurezza nazionale: imputazioni sospese, ma ufficialmente non sono decadute”. In caso di condanna, l’appello di un suo amico a La Stampa, “Draghi chieda la grazia”. Intanto sul Corriere Marta Serafini racconta l’atmosfera che si respira in casa del giovane – incarcerato da 669 giorni -, a Mansoura, sul Delta del Nilo. “Io sono orgogliosa di quello che ha fatto, dei suoi studi a Bologna sulla parità di genere, siamo tutti orgogliosi di lui”, le parole della madre di Zaki. “Lo aspettiamo”.
Antonietta Raphaël in mostra. Sul Corriere della Sera Dacia Maraini parla della “gioia” di visitare alla Galleria d’Arte Moderna di Roma la mostra Antonietta Raphaël. Attraverso lo specchio, a cura di Giorgia Calò e Alessandra Troncone. “Straordinaria pittrice, Antonietta esprime la capacità visionaria del mondo ebraico (fa pensare a Chagall e ai suoi piccoli racconti quotidiani). Nello stesso tempo – scrive Maraini – mostra conoscenza e vicinanza alla pittura europea fra Ottocento e Novecento, da Monet a Degas, da Severini a Modigliani. Mi chiedo perché non sia conosciuta e amata come meriterebbe. Solo perché ‘Nemo propheta in patria’? O perché donna e sulle pittrici e le scultrici si è sempre taciuto?”.
Gli scoop del Jewish Chronicle. Otto mesi prima che il New York Times lo confermasse, il Jewish Chronicle aveva “rivelato che il Mossad per uccidere lo scienziato iraniano Mohsen Fakhrizadeh nel novembre 2020 aveva usato una mitragliatrice montata su un braccio robot nascosto a bordo di un furgoncino e manovrato da mille chilometri di distanza”. Lo racconta oggi Daniele Raineri sul Foglio, evidenziando come all’epoca nessuno avesse notato lo scoop del Chronicle. E ora il giornale ebraico inglese ha pubblicato “un’altra esclusiva incredibile sulle esplosioni nei siti atomici dell’Iran”. Ovvero che l’intelligence israeliana avrebbe assoldato “fino a dieci scienziati iraniani, che ad aprile hanno piazzato le bombe nel bunker sotterraneo di Natanz dove si trovano le centrifughe”. Uno scoop importante e da verificare, scrive Raineri, ma “se poi il New York Times conferma tutto fra otto mesi?”.
Milano, furto in sinagoga. La polizia sta indagando sul furto avvenuto la scorsa notte nella sinagoga di via Soderini a Milano. “Tutti gli armadietti erano stati svuotati e i Sefer Torah – riporta Libero – erano a terra, aperti, senza più le decorazioni in metallo: i ladri, infatti, devono aver pensato che si trattasse di oro e per questo le avrebbero strappate dal rotolo”. Per introdursi nel tempio, i ladri avrebbero forzato la porta.
Daniel Reichel