Ticketless – Studiare il fascismo

Chi crede che agli italiani importi davvero comprendere che cosa sia stato il fascismo sbaglia di grosso. Per rendersene conto bastava questa settimana guardare la passerella alla festa di Atreju di Giorgia Meloni, dove abbiamo visto sfilare le stesse persone che l’altro ieri gridavano al pericolo di un’ondata nera. È sempre accaduto così, dagli anni sessanta in avanti: studiare sul serio il legame fra gli italiani e il regime di Mussolini interessa a nessuno, rispetto ai molti (politici e non) che si servono del capitolo più oscuro della storia d’Italia per fini contingenti variabili a seconda delle occorrenze.
Gli storici, purtroppo, non sono stati e non sono da meno. “Fare i conti con il fascismo” è diventato un esercizio diffuso per macchiare la memoria di questo o quell’altro personaggio con gli strumenti di una storiografia giustiziera se non giustizialista. Talvolta questi metodi spicci riguardano Maestri ai quali si è voluto bene. Sto rileggendo un saggio del 2011 che purtroppo mi era sfuggito. Lo ha scritto Francesco Mores (“Invasioni d’Italia”, Edizioni della Normale di Pisa). È dedicato al modo come gli storici nel 1943 hanno confrontato l’invasione tedesca successiva all’8 settembre con le precedenti invasioni straniere, che come si sa, furono più d’una. Come fu interpretata per esempio la prima invasione d’Italia, quella longobarda, nei giorni dell’invasione delle truppe naziste? Il primo capitolo è dedicato alla figura di un grande storico e Maestro, contro cui spesso si sono affilate le armi degli storici giustizieri, Federico Chabod. Mores è uno storico serio, che non si piega alle spiegazioni di comodo e strumentali. Sulla traccia del registro delle lezioni ritrovato negli archivi dell’Università di Milano, ricostruisce la strada che ogni giorno, sotto le bombe, Chabod faceva per recarsi (“in presenza”!) a tenere lezioni sull’idea di nazione ottocentesca che il nazismo aveva umiliato. Eppure, lo stesso Chabod aveva dovuto fare i conti con l’esperienza del fascismo. Scavare oggi dentro questi percorsi biografici è operazione delicata, che richiede rispetto oltre che fatica. Nel mio piccolo, sempre in queste settimane, ho cercato di fare altrettanto, per onorare la memoria di un Maestro cui ho voluto bene, almeno quanto Mores con Chabod. La settimana scorsa, in questa rubrica, a proposito della memoria di Stefano Rodotà scrivevo che i Padri vanno onorati. Così dovrebbe accadere con i propri Maestri, quando diventano vittime di attacco postumo.

Alberto Cavaglion