Novelle antiche

La Veneranda Biblioteca Ambrosiana ha dato alle stampe in edizione pregiata uno straordinario testo ebraico medievale di cui conserva una copia manoscritta decorata. Si tratta del Meshal Ha-Qadmonì composto da Yitzhaq Ibn Sahula a Guadalajara fra il 1281 e il 1284, una raccolta di ottanta favole antiche. Il volume conservato nella biblioteca milanese venne copiato a Brescia nel 1483 dal sofer Shmuel detto Zimlein, incaricato dell’educazione degli studenti del rabbino Baruch ben Shemuel Mortara, e fu arricchito da illustrazioni di straordinario interesse. Un oggetto che penso meriti un solo, definitivo aggettivo: bellissimo. Lo è per diversi motivi. Intanto per il suo significato storico e culturale. Pensato e composto nella Penisola Iberica del Duecento, in ambiente sefardita, il testo ebbe una particolare risonanza nel mondo ashkenazita che lo valorizzò e utilizzò tramandandolo nei secoli, a testimonianza di una civiltà ebraica che – sebbene articolata al suo interno in gruppi distinti – è ben riconoscibile in una sua continuità storico-culturale. La sua bellezza è poi riconoscibile nel manoscritto ambrosiano, che offre illustrazioni policrome a commento e compendio dei testi letterari. Immagini di uomini e di donne, figure di animali e oggetti, pensate per meglio illustrare il contenuto delle favole. Vi è poi la lingua, l’ebraico, ridiventata dal medioevo un veicolo di trasmissione di sapere sia religioso, sia scientifico e letterario. E, infine, il contenuto delle “novelle”. Elena Baricci, autrice della bella traduzione dall’ebraico e di un interessante saggio introduttivo, così sintetizza l’opera: “Le favole, che hanno per protagonisti animali e uomini, veicolano messaggi dalla forte impronta morale e hanno un dichiarato scopo didattico. Perciò, la narrazione è intessuta di dotti excursus di natura scientifica e halakhica su questioni di medicina, politica, etica, astronomia, psicologia, etc. Il testo è composto in forma di maqama, la prosa rimata introdotta in ebraico dall’arabo e associata al racconto favolistico e aneddotico”. Ricorda qualcosa? Ebbene sì nell’anno delle celebrazioni dantesche non si può non rilevare l’eco di un ambiente culturale e letterario comune. Negli stessi anni in cui veniva composto il Meshal Ha-Qadmonì, veniva anche scritta la Commedia nella quale – come fa notare Pier Francesco Fumagalli nell’introduzione – “la tradizione educativa del trivium e del quadrivium trovano riscontro sia nelle finalità educative (…), sia nelle parti dedicate ad aspetti scientifici, medici e filosofici”.
Il volume contiene saggi di Malachi Beit-Arié, di Simona Gronemann e di Claudia Rosenzweig, ed è curato, oltre che da Mons. Fumagalli, da Anna Linda Callow. La sua realizzazione è stata possibile grazie al mecenatismo di Guido Ottolenghi, che ha voluto dedicare l’opera al padre, Emilio Ottolenghi, a Luisella Ottolenghi Mortara e a sua figlia Raffaella. Luisella era stata la prima a dedicare da storica dell’arte un saggio al manoscritto ambrosiano, mentre Raffaella, animatrice e sostenitrice del programma di Letture di Nuovi Classici, aveva insistito molto per la valorizzazione di questa importante opera letteraria. Che il loro ricordo sia di benedizione.

Gadi Luzzatto Voghera, Direttore Fondazione CDEC