Presidenti, patrioti e presidenzialismo

Sintomi preoccupanti si profilano all’orizzonte, in vista dell’imminente elezione del Presidente della Repubblica. Segnali che potrebbero preludere a uno snaturamento della figura e del ruolo assegnato dalla Costituzione al Capo dello Stato, e di conseguenza a un’accentuazione dei già forti tratti populisti del nostro sistema politico e sociale.
Giorgia Meloni, col suo fare “piacione” e popolare, afferma: “il prossimo Presidente dovrà essere un patriota; Berlusconi lo è, Draghi non so”. Una sentenza e un giudizio netti, di quelli che piacciono alla gente. Ma esaminiamone più da vicino il reale significato. Che il Presidente della Repubblica debba essere “patriota” va da sé, è in sostanza una parafrasi del dettato costituzionale e del suo spirito. Cosa vuole però intendere la leader del primo partito della destra, erede del Msi e di Alleanza Nazionale, quando usa quel termine? Allude con buona evidenza a radici fortemente “nazionali” e finanche “nazionalistiche” richieste al futuro punto di riferimento del sistema Italia. Un po’ come dire: basta con guide di ascendenza cattolica, socialista o comunista; è giunta l’ora di un vertice più spostato a destra, che (populisticamente) rispecchi l’orientamento che i sondaggi da tempo danno come prevalente. Ma con quella parola che sa di Risorgimento l’intelligente politica vuole anche sottintendere che ormai è il Capo dello Stato a dettare la linea o è comunque giunto il tempo che lo faccia esplicitamente; un lancio al presidenzialismo, insomma, nascosto o istituzionalizzato che sia. Andiamo avanti. Perché il richiamo a Berlusconi come innegabilmente patriota? L’ex-Cavaliere è stato per più di due decenni il punto di riferimento unitario e accentratore del centrodestra italiano; il suo nome è stato di fatto proposto da lui stesso: era impossibile per Meloni non prenderlo in considerazione per primo, per quanto non credo ne sia davvero convinta, anche solo per considerazioni anagrafiche. E perché mai sul ruolo patriottico di Draghi esprime invece dubbi? Non credo che voglia mostrare disprezzo verso lo spirito di servizio con cui l’ex-Presidente della BCE si è messo a disposizione del Paese come premier, quanto piuttosto sottolinearne il ruolo più europeo che nazionale, il carattere più finanziario che politico: cioè criticare implicitamente l’europeismo di fondo dell’attuale indirizzo italiano. L’antieuropeismo sovranista che emerge dietro quel “non so” riferito a Draghi patriota è da tempo la linea della destra populista italiana e continentale (vedi gli accordi di Visegrad e oltre); non so però francamente come oggi sia possibile concepire una strategia politica nazionale che prescinda da un’ Europa unitaria.
Altro segnale sgradevole. Solo pochi giorni fa è stato reso noto l’esito di un sondaggio secondo il quale oltre il 70% degli italiani sarebbe favorevole a un sistema politico presidenziale, cioè con un Presidente della Repubblica eletto direttamente dai cittadini e dotato di potere esecutivo, come accade nel presidenzialismo americano attraverso un complesso sistema elettorale misto (popolo più Grandi Elettori) e un Presidente/Premier non responsabile di fronte alle Camere, o nel semipresidenzialismo francese, con sistema elettorale a ballottaggio – Presidente distinto dal Premier ma vera guida politica – governo responsabile davanti al Parlamento. In ogni caso sarebbe uno snaturamento totale, anzi uno stravolgimento della nostra Costituzione; e in ogni caso una trasformazione del genere potrebbe/dovrebbe essere sancita solo dopo un lunghissimo e complesso iter parlamentare. In ogni caso, comunque, si tratterebbe di una pericolosa alterazione degli equilibri istituzionali e del reciproco controllo dei poteri su cui si regge il nostro sistema democratico, fin dalle origini strutturalmente diverso dal secolare modello americano e dal più recente modello francese. Non si cambiano i sistemi politico-istituzionali con la facilità con cui ci si cambia d’abito. Il timore, però, è che in un’ epoca in cui sono più i sondaggi che i programmi a dettare l’agenda politica prevalga la tentazione di imboccare pericolose scorciatoie tese a cambiare la sostanza mantenendo inalterata la forma, portando alla presidenza un leader pronto ad assumere la effettiva regia politica anche senza effettive revisioni costituzionali.
Terzo elemento di incertezza sul tema elezioni presidenziali è la tendenza del PD di Letta e di quel che resta dei Cinquestelle. Spinti da tempo a cercare accordi coi grillini quasi a qualsiasi prezzo per crescere nelle aspettative di voto e sopravanzare la destra, i Democratici non propongono linee e/o nomi ma insistono nel fare pressioni su Mattarella perché accetti di prolungare la sua permanenza al Quirinale, cosa che l’attuale Presidente – l’ unica persona davvero saggia e consapevole in questo panorama sconfortante – ha già da tempo rifiutato: e non per legittima aspirazione alla pensione, ma per il bene della Repubblica. Mattarella sa che un Paese faticosamente ma egregiamente uscito dalla tragedia della pandemia e avviato a una forte ripresa economico-sociale non può procedere con le stampelle di un aggiustamento temporaneo e formale, ma ha bisogno di uomini e di idee per rilanciarsi con entusiasmo senza snaturare la sua essenza istituzionale. Il M5S di Conte da parte sua, in fase di progressiva disgregazione, cerca di salvare il salvabile legandosi al PD e appoggiandone il vuoto attendismo.
A monte degli orientamenti di destra e sinistra, davanti alla scelta del futuro Capo dello Stato come ai tanti altri temi attualmente sul tappeto, ci sono purtroppo lo stesso problema e lo stesso orientamento: la pressoché totale assenza di progettualità e di un’ immagine della futura società italiana, la conseguente e ininterrotta ricerca dell’immediato consenso finalizzato solamente al sondaggio settimanale e proiettato sulle future (ma lontane) elezioni. Perché questo è purtroppo divenuta la pratica politica ai nostri giorni: una populistica macchina alla ricerca di voti, una perenne e vuota campagna elettorale per la conquista del potere. Ma cosa costruire nella società una volta acquisito il potere pare che non interessi più a nessuno.

David Sorani