Bambine sommerse o salvate
Vi propongo la vicenda di due bambine, nate più o meno nello stesso periodo in Cecoslovacchia. Destino comune (ebree travolte dalle persecuzioni), esiti umani assai diversi. La storia di Vera (Veruška Diamantova) è narrata in un bel libro illustrato per bambini (Peter Sís, Nicky & Vera. Storia di un eroe discreto della Shoah e dei suoi 669 bambini che salvò, Milano, Rizzoli 2021). Una storia di salvezza, pur nella tragedia dell’annientamento dell’ebraismo Boemo. Nicholas Winton, un impiegato inglese per caso a Praga nel 1938, si fece coinvolgere nel comitato britannico istituito per mettere in salvo bambini ebrei profughi e forzando a dismisura i meccanismi burocratici (cioè violando la legge formale) riuscì a organizzare nel 1939 ben otto treni che portarono seicentosessantanove bambini in Inghilterra, dove vennero accolti da altrettante famiglie e, in definitiva, salvati. Alla fine della guerra, Vera tornò in Cecoslovacchia alla ricerca della sua famiglia, ma non trovò più nessuno.
Margit Koretzovà, di cinque anni più giovane di Vera, non ebbe la fortuna di salire su uno di quei treni. Viveva a Pilsen con la famiglia e nel 1942 venne deportata a Terezin. Da lì, sia lei sia la sua famiglia in momenti diversi furono trasferiti ad Auschwitz dove morirono nel 1944. Di Margit sono conservati alcuni bei disegni colorati, ma lei no, non si è salvata. Qualche anno fa la poetessa Silvia Comoglio si è imbattuta in uno di quei disegni, “Le farfalle”, e ha voluto comporre una poesia su quei colori:
Terezin
Se mi ami – soffia
sulle ali, le ali di farfalla,
quélla di Terezin. E allarga, allárga,
l’alba di memoria, fondandola vicino
al per sempre che si apre
in cime di specchi ripetuti. E poni,
poni un sasso, a nitore di fúlgido turchino,
un sasso, un sasso grande, in ore
di cesura di nudi amori nudi, e —
in becco al cardellino in lunga traversata
nel porto di ogni casa, perché resti
résti eterna la farfalla, e sempre da lì —
da lì ci guardi, da lì, da Terezin —
Non paga di scrivere versi per Margit, Silvia Comoglio ha avviato una ricerca in differenti archivi per ricomporre la famiglia della bimba in una sorta di Tikkùn postumo. Non vi erano infatti tracce certe sulla sua composizione, né si sapeva se qualcuno si fosse salvato. La ricerca, durata anni, ha condotto a risultati definitivi. Purtroppo, la famiglia di Margit non c’è più, ma ora sappiamo chi era suo fratello e chi i suoi genitori. Ricostruito un albero genealogico, sono stati identificati cugini e cugine emigrate o nate negli Stati Uniti, che per decenni erano rimasti senza notizie certe sulla sorte di quella bambina e della sua famiglia. Ora la ricostruzione è compiuta, i documenti sono stati depositati anche presso l’archivio della Fondazione CDEC, e – come scrive Silvia Camoglio – abbiamo ora “un grande albero, [quello della] la famiglia di Margit, un albero genealogico custodito con cura e amore da Eleanor Feitler. Un albero che, come i 33 disegni di Margit e i 2 di Hanuš, si fa mondo e resistenza a quel Tempo e a quella Storia che tutto volevano inghiottire e sradicare”.
Gadi Luzzatto Voghera, Direttore Fondazione CDEC