La promessa
Nella parashà troviamo scritto, a proposito della rivelazione del Tetragramma che il Signore fa a Moshè, la frase: “Sono apparso ad Abramo, Isacco e Giacobbe con ‘El Shadday’ e il mio nome A’ (Tetragramma) non l’ho fatto conoscere a loro” (Shemòt 6;3). Nel parlare con Moshè, il Signore ribadisce il patto stipulato con i tre Patriarchi e ripete più volte l’espressione “anì A'”.
Spiegano i chakhamim che il motivo della ripetizione del Suo nome sta nel fatto che il Signore vuole confermare a Moshè e ai figli di Israele che non dimenticherà quel patto e che lo manterrà fintanto che non torneranno nella terra di Israele, salvandoli da ogni male, comprese le piaghe che, da quel momento in avanti, scaglierà contro l’Egitto.
Sostiene un famoso commentatore che gli ebrei ebbero paura di essere colpiti dalle dieci piaghe perché in mezzo a loro sicuramente c’era chi si era assimilato agli egiziani e si era avvicinato al loro culto pagano.
Invece, grazie al merito dei Padri, alla promessa fatta a loro e al Suo nome ineffabile, il Signore salvò tutto il popolo da quei flagelli, che solo gli egiziani conobbero.
Rav Alberto Sermoneta, rabbino capo di Bologna
(31 dicembre 2021)