Conoscere i padri

Una breve visita al Har Herzl in un giovedì di fine 2021 aiuta molto a comprendere fondamenti e aspirazioni formative dello Stato di Israele. Non è un giorno festivo, non ci sono occasioni celebrative particolari, è una normalissima giornata lavorativa in un periodo lontano, qui, da ogni clima vacanziero. Eppure, già all’ingresso si accalcano plotoni di giovani soldati condotti presto dai loro istruttori attorno alla tomba di Theodor Herzl, dove schierati in cerchio ascoltano le spiegazioni di chi li accompagna.
Mia moglie ed io, alla scoperta silenziosa e partecipe di questo luogo sacro del Paese – che già ci è noto ma ci appare ogni volta nuovo, ci inoltriamo per i bei viali contornati da cedri del Libano e da ulivi, saliamo e scendiamo le scalinate che si snodano di fronte alle colline che circondano Gerusalemme. Eccoci davanti ai sepolcri dei Presidenti dell’Organizzazione Sionistica Mondiale: qui un gruppo di studenti si sofferma a discutere e a rispondere alle domande dell’insegnante; non troppo brillantemente a dire il vero, perché passando cogliamo che un alunno ipotizza per Herzl la nazionalità svizzera… ma forse il livello medio è migliore! Più avanti, le tombe dei Presidenti, dei Premier, dei Ministri, degli Speaker della Knesset, di vari padri della Patria insomma: mancano solo Ben Gurion e Dayan, direi. Anche qui molti giovani. Un gruppo numeroso siede tra i monumenti a Peres e a Rabin, e davanti a quest’ultimo il mio sguardo si fissa subito inquieto sulla scritta “assassinato”, per un attimo il pensiero ritrova l’entusiasmo per la pace amaramente spezzato nel novembre 1995. I ragazzi ascoltano in silenzio, riflessivi le parole della giovane madrichà che li guida. Passiamo davanti ai nomi scolpiti di Zalman Shazar, di Levi Eshkol, di Yitzak Shamir. Poco oltre Yitzak e Lea Rabin ecco, solitaria, Golda Meir: punto di riferimento centrale e discusso, tra la gloria della Guerra dei Sei Giorni e le tribolazioni del Kippur 1973. Tutta la storia dello Stato ci passa davanti in poche centinaia di metri, racchiusa nei monumenti e nelle iscrizioni che li illustrano.
Alla fine del nostro giro, forse disordinato ma significativamente a ritroso nel tempo, ecco il percorso sulle tappe dal 1945 alla gioiosa proclamazione dell’indipendenza e alla guerra generale che ne è immediatamente scaturita, sino alla vittoria netta ma instabile. Come davanti al sepolcro di Herzl, anche qui il folto gruppo di reclute sosta nel suo itinerario di formazione. La via che rievoca il percorso verso la creazione dello Stato termina significativamente con il sentiero che collega il Monte Herzl (la celebrazione simbolica della ritrovata libertà e unità politica del popolo ebraico) con Yad VaShem (il luogo della memoria e della riflessione sulla Shoah), a radicare il presente nel tragico recente passato, a significare la ritrovata unità e salvezza dalla distruzione della Diaspora alla costruzione di un futuro comune nella Terra dei Padri.
A questa conclusione vuole evidentemente giungere l’itinerario formativo che pervicacemente scuola e Tzahal perseguono in Israele, con tappe prolungate dedicate alla conoscenza dei padri fondatori dello Stato. Visto da una prospettiva italiana, da quella angolazione scettica e fin troppo critica con cui nella penisola guardiamo alle vicende risorgimentali, un approccio così convintamente nazionale, così orgogliosamente idealista può apparire retorico o addirittura isolazionista. Ve lo immaginate, in Italia, un memoriale dedicato a Cavour, Mazzini, Garibaldi e frotte di studenti e di soldati in visita formativa alle loro lapidi? Quando mai? Ma per noi popolo ebraico la faccenda è diversa. Abbiamo dietro di noi una unità ultra-millenaria nonostante le divisioni ininterrotte. Abbiamo ben altre tragedie e sofferenze alle spalle; una ferita sempre aperta che solo un vincolo ritrovato può tentare di guarire. L’iter formativo di fasi aggreganti e centrali per Israele come la scuola e l’esercito non può non passare attraverso la consapevolezza profonda e condivisa dell’identità nazionale e del suo significato. Ma anche al di là di questi due momenti topici, è il cittadino israeliano a uscire dall’incontro con i padri rafforzato e radicato nella sua appartenenza.

David Sorani