L’intervista a Pierre Savy “Storia ebraica, storia del mondo”
“Peregrinare attraverso delle date non significa realizzare una linea del tempo, di cui questo libro peraltro è sprovvisto: vuol dire invece proporre un viaggio in una lunga storia fatta di avvenimenti molto diversi sotto ogni punto di vista, con la loro eco, le loro conseguenze e la loro posterità”. Lo evidenzia Pierre Savy, nell’introduzione a quel suggestivo itinerario in 90 tappe che è la Storia mondiale degli ebrei di cui è il curatore, appena pubblicata in Italia da Laterza in una versione rivista e adattata sotto il coordinamento di Anna Foa. Un’operazione editoriale dal grande fascino che dall’ingresso ebraico nella Storia (l’apparizione del nome “Israele” sulla stele del faraone Merenptah, nel 1207 a.e.v) ci porta, spaziando in numerosi contesti, fino ai giorni nostri.
“Un capitolo nuovo di ricerca sull’identità ebraica e una sfida ai luoghi comuni. Non un’identità ‘à la carte’, ma ‘in costruzione’. Non qualcosa che c’è all’inizio che bisogna cercare di non smarrire, ma come offerta di ciò che lentamente nel tempo si accumula e si cerca”, ha scritto su queste pagine lo storico sociale delle idee David Bidussa. Incontriamo Savy a margine della prima presentazione dell’opera, svoltasi a Roma presso la prestigiosa sede della Società Dante Alighieri. Tra gli intervenuti anche il presidente dell’istituzione culturale Andrea Riccardi, il suo segretario generale Alessandro Masi e il rabbino capo di Roma rav Riccardo Di Segni.
Pierre Savy, perché è così importante conoscere questa storia?
Per la sua unicità e particolarità. Quello ebraico, come scrivo anche nel libro, è un popolo che nelle sue molteplici ramificazioni dà prova di un’energia sorprendente nel continuare ad esistere e nel portare la sua testimonianza. Una storia all’insegna della ‘diversità’, perché numerose sono le sfaccettature di cui questo mosaico si compone. ‘Diversità’ che però inestricabilmente si accompagna anche a un’idea di ‘unità’, a un comune senso di appartenenza. È quello di far parte, per l’appunto, di uno stesso popolo. Un popolo sottoposto spesso a dure prove, ma che ha tra le sue caratteristiche quello di essere tenace e resiliente. Una storia, in ogni suo rivolo, e da qualunque parte la si osservi, dalla forte valenza universale: non a caso nel libro abbiamo cercato di valorizzare momenti di scambio e interazione con la società circostante dovuti anche alle tante migrazioni verificatesi nel corso dei secoli. Confrontarsi con la storia degli ebrei significa, fondamentalmente, confrontarsi con la storia del mondo. Preciso che di questo si tratta: una storia degli ebrei, non una storia dell’ebraismo. La differenza è sostanziale. Lo dico, anche a scanso di equivoci.
Lei gioca a carte scoperte e non nasconde una alta considerazione del lavoro appena concluso. Questo libro, sostiene, offrirebbe al lettore “il meglio” della ricerca sul giudaismo e la storia ebraica. Un argomento sul quale, aggiunge, non esisterebbe al momento “nessuna sintesi soddisfacente…”.
L’ho scritto e lo penso. Ma non è una lode a me stesso, tutt’altro. Io in fondo non ho scritto che pochi capitoli e svolto un lavoro di coordinamento generale. Il merito è delle molte decine di studiosi che si sono prestati a questa operazione, ciascuno altamente specializzato sui vari argomenti e temi sviluppati. Un lavoro che per raggiungere questo livello, secondo me qualitativamente assai rilevante, non poteva che essere collettivo. Quindi bravi tutte e tutti.
Lei è uno storico, un accademico. Si offende se si definisce questa Storia mondiale un testo divulgativo?
Tutt’altro, è il miglior complimento che mi si possa fare. ‘Divulgativo’ è, per me come la vedo io, un aggettivo nobile. L’obiettivo che mi sono posto è quella di rendere accessibile la Storia a un pubblico il più possibile ampio. Un pubblico che mi auguro possa essere affascinato da questa lettura e che veda, in questa Storia, il punto di partenza per ulteriori esplorazioni e approfondimenti. Se questo avverrà il libro avrà raggiunto la sua missione.
Quali i suoi modelli?
Direi senz’altro l’Histoire mondiale de la France, pubblicata nel 2017. Anche se in realtà erano ben 15 anni che avevo un progetto simile in testa. I testi sono stati raccolti nell’estate del 2019, poi col resto si è andati piuttosto spediti. Anche se, non lo nascondo, il lavoro di montaggio è stato abbastanza intenso.
La lettura risulta, nel complesso, molto piacevole.
L’idea è stata quella di offrire la possibilità al lettore di girovagare a piacimento in questi tre millenni e oltre di eventi e personaggi. Si può così procedere in senso cronologico ma anche, volendo, scegliere altre modalità di lettura. Un sistema “aperto”.
Perché un adattamento italiano?
Perché l’Italia ebraica è un prisma di enorme interesse per l’intera vicenda diasporica. Parliamo di numeri molto più piccoli rispetto a quelli della ‘mia’ Francia. Ma, a differenza della Francia, di una storia ininterrotta di radici e presenza sul territorio. Quasi superfluo che ricordi il ruolo, anche evocativo, svolto dalla Comunità di Roma che in questa città risiede, tra alterne vicende, da oltre due millenni. È un qualcosa che si respira nell’aria, che esiste e che è importante conoscere. Nelle sue pieghe luminose come in quelle oscure.
Che lettori si attende?
In parte simili a quelli francesi, in parte diversi. Forse, rispetto alla Francia, mi aspetto una maggiore attenzione da parte di un pubblico di area cattolica.
A quali altri progetti sta lavorando?
A un libro sui rapporti tra le grandi famiglie italiane al potere nel Quattrocento e gli ebrei.
Lo vedremo presto in Italia?
Lo spero. Ma prima dovrebbe uscire in Francia.
Adam Smulevich, Pagine Ebraiche Gennaio 2022