Gli Stati Uniti lacerati
Esattamente un anno fa, dopo la sconfitta elettorale, le menzogne a proposito del “voto rubato” e soprattutto l’assalto a Capitol Hill, era pensabile (o quanto meno auspicabile) che la presidenza di Donald Trump diventasse soltanto una brutta pagina di storia contemporanea da dimenticare. Al contrario, a causa anche della perdita di consensi di Joe Biden, Trump riesce ancora a mantenere la presa sull’elettorato e sul Partito Repubblicano, e anzi ad infiammare gli animi più violenti, sciovinisti e sovversivi, coloro che navigano in mezzo a teorie cospirazioniste di ogni genere. “Una massa di adepti di una setta, non più un Partito Repubblicano razionale” come ha scritto Alan Friedman su La Stampa. Se nel 2016 era possibile ancora riporre la speranza che Trump una volta al potere si trasformasse in una figura più istituzionale e moderata rispetto ai toni della campagna elettorale, tutto ciò non è purtroppo più immaginabile in un’eventuale rielezione.
Probabilmente i danni della presidenza di Donald Trump non sono ancora del tutto quantificabili, a cominciare dall’aver danneggiato l’immagine del paese. Una spaccatura e lacerazione interna, che anche se in minima parte ha toccato anche la comunità ebraica statunitense, specialmente nel mondo ortodosso. Isaac Bashevis Singer, il quale si è sempre considerato un conservatore, affermò che “i peggiori nemici degli ebrei sono sempre stati quegli elementi che (talvolta convincendoli) si presentano a loro come amici”.
Francesco Moises Bassano