La libertà della Legge

“E la terra era deserta e disadorna e le tenebre erano sulla faccia degli abissi. Il Signore disse” ci sia luce e luce fu” (Bereshit 1;2).
Non è un versetto della nostra parashà, ma l’inizio della Creazione del mondo narrato nel libro di Bereshit.
Le tenebre simboleggiano il caos e il disordine, mentre la luce è indice di ordine e speranza. La nona piaga che colpì l’Egitto duramente, e che leggiamo nella nostra parashà, fu proprio il buio – choshekh.
Gli egiziani erano ormai sfiniti da tutte le piaghe e ciò rese loro la vita impossibile, mentre per gli ebrei ebbe inizio una nuova vita. È scritto “e per tutti i figli di Israele ci fu luce nelle loro abitazioni”(Shemòt 10;23).
Nello Zohar – Il Libro dello Splendore, troviamo commentato il versetto in cui è narrato il passaggio dell’Angelo della morte: “E avvenne a mezzanotte e il Signore colpì ogni primogenito” (Shemot 12; 29).
“Questo insegna che a mezzanotte splendeva il sole come a mezzogiorno” perché, viene spiegato che il Nome del Signore non viene mai accompagnato dalla parola “notte” a proposito di ciò che troviamo scritto anche nella Creazione “e il Signore chiamò la luce – giorno – e la tenebre la chiamò – notte -“.
Le tenebre sono quindi in totale discordia con l’ordine della Creazione e con l’ordine con cui gli ebrei abbandonarono definitivamente l’Egitto e la schiavitù.
Non a caso, la prima mitzvà che essi ricevettero, quando ancora schiavi, fu quella di istituire un calendario che desse loro una precisa scansione dei tempi e delle date da ricordare.
Non si può essere liberi se non si ha ordine nel contesto della vita, sia del privato che della collettività.
Se per gli egiziani inizia la sofferenza e la sottomissione a tutto ciò che sta per accadere loro, per gli ebrei si apre una nuova stagione: quella in cui divengono popolo e ricevono la Torah. La libertà assoluta è quella di chi ha una legge, che tuteli deboli e potenti, ricchi e poveri, considerandoli alla stessa stregua davanti al Giudice che non ha timore di esercitare la “giusta” giustizia.

Rav Alberto Sermoneta, rabbino capo di Bologna