Tra bagel, quilt e cavalli

Il carretto di un venditore ambulante; lo stravagante quilt creato nel 1885 dal circolo di cucito ebraico di Canton, Mississippi; il bagel-gioiello lanciato durante il Carnevale a New Orleans dalla compagnia ebraica; la campana che annunciava i pasti in una piantagione.
La collezione del Museum of Southern Jewish Experience (Msje) ha poco in comune con i musei ebraici a cui siamo abituati – non ci sono argenti, tessuti preziosi o antichi manoscritti. Gli oggetti in mostra – spesso modesti e d’uso quotidiano – evocano un risvolto dell’esperienza ebraica che spicca per la sua diversità.
“L’obiettivo è sorprendere i visitatori e insegnare che cosa significa essere ebrei nel Sud degli Stati Uniti nella realtà della gente qualunque e nella vita di tutti i giorni” spiega il direttore esecutivo Kenneth Hoffman (nell’immagine), storico e già direttore dei programmi educativi del Museo della Seconda guerra mondiale di New Orleans (uno dei musei più visitati degli Stati Uniti), che incontro su zoom.
Dal baule che Rachmeil Shapiro porta in Texas dalla Russia al diario della tredicenne Elsa Hamburger Phillips scampata alla Shoah e stabilitasi con la famiglia in Arkansas, l’esposizione dipinge un quadro ricco di contrasti. “Quella degli ebrei a Sud è in sostanza una storia di integrazione”, nota Hoffman. Il fatto che la loro presenza sia ridotta, il territorio immenso e in molte regioni viva un’unica famiglia ebraica ne fa un’esperienza agli antipodi del Lower East Side. Molte comunità danno loro il benvenuto, tanto che spesso vi raggiungono una posizione di rilievo diventando sindaci o sceriffi.
Gli ebrei si trovano così a condividere anche il lato più oscuro della storia americana. Alcuni diventano padroni di schiavi, come attesta l’atto di vendita della schiava dodicenne Harriet a Clara Wiseberg. E durante la Guerra civile tra le fila dell’esercito confederato gli ebrei non mancano. “È un capitolo di cui non andiamo fieri, ma è parte della storia ed è dunque giusto affrontarlo in tutta la sua complessità”, dice Hoffman. Altri si schierano contro la schiavitù. A illustrare la contrapposizione un murale al museo sovrappone l’immagine dell’abolizionista Rabbi Max Lilienblum a quella di Jacob Cohen che a fine Ottocento rivendica le ragioni della schiavitù stigmatizzando con durezza le scelte del rabbino. La divisione esplode nella stagione della battaglia per i diritti civili. Il rabbino Israel Dresner, amico di Martin Luther King, è arrestato a ripetizione per le sue prese di posizione antirazziste e alcune realtà ebraiche finiscono nel mirino del Ku Klux Klan. Tante comunità restano però in silenzio – la paura di mettersi a rischio è troppa.
Il momento più delicato arriva con i Freedom Riders che scendono a Sud per arruolare al voto gli afroamericani. Tanti di loro sono ebrei, come Andrew Goodman ucciso nel 1964 dal KKK insieme ai compagni in Mississippi. La divaricazione dell’esperienza ebraica in America non è mai stata più lacerante. Leggere il passato con le categorie dell’oggi è però ingeneroso, oltre che troppo facile. E l’obiettivo del Msje va in direzione opposta. “Ciò che vogliamo è migliorare la comprensione di ciò che significa essere a Sud, essere ebrei, essere americani”, spiega Hoffman.
“Questa è alla fine una storia americana. Tutti possono imparare qualcosa della nostra grande nazione guardando alla nostra esperienza”.

dg, Pagine Ebraiche Gennaio 2022

(Nelle immagini, il bagel colorato lanciato alla folla dall’organizzazione ebraica Krewe du Jieux – pronunciato come Jews, ebrei – nelle sfilate di Carnevale; il “crazy quilt” realizzato dalle signore del Mississippi Delta nel 1885)