Questioni di memoria
Un mio amico di grande intelligenza e cultura organizza un incontro per le scuole per il Giorno della Memoria e mi chiede un’intervista per rispondere con semplicità ad alcuni interrogativi urgenti. Eccoli, nella loro semplicità: – Perché si celebra il Giorno della Memoria, che cosa rappresenta e a quale evento si riferisce? – Shoah, Olocausto sono termini che vengono spesso utilizzati come sinonimi, ci puoi spiegare che cosa significano. – In quale contesto storico, in quale clima ideologico è stata possibile la Shoah e perché proprio il popolo ebraico? – Molti italiani vennero deportati ad Auschwitz, ma nel dibattito italiano ancora si pensa che il governo fascista tenne un atteggiamento morbido nei confronti della deportazione. Fu davvero così?
Mi sembrano tutte questioni centrali che ci mettono di fronte a due evidenze. Primo: il lavoro sulla Memoria della Shoah è e sarà continuo nel tempo. Ci si troverà a rispondere sicuramente in maniera diversa, perché la storia del genere umano è mutevole, ma gli interrogativi sono sempre i medesimi, ed è necessario predisporsi a fornire risposte adeguate ai tempi, supportate dalla dovuta documentazione e comunicate con linguaggi comprensibili. Secondo: i pregiudizi storici sono duri a morire (come tutti i pregiudizi). È di certo vero – come scrive il mio amico – che in genere in Italia ancora si pensa che il governo fascista adottò un atteggiamento “morbido” nei confronti della deportazione. Solo che non sempre ci rendiamo conto che quest’idea (del tutto opposta alle evidenze storiche) è ancora maledettamente radicata e forte. Anche in questo caso, l’unica soluzione è la continuità, l’assiduità nel lavoro di ricerca e di formazione, e l’ideazione di nuove forme di comunicazione che aiutino l’italiano medio a ragionare sulla storia del paese (non solo quella relativa alle persecuzioni degli ebrei) oltrepassando il pregiudizio, confortevole, del “bravo italiano”.
Gadi Luzzatto Voghera, Direttore Fondazione CDEC