Due voci

Ieri, 17 gennaio, si è svolta in tutta Italia la Giornata per la conoscenza e il dialogo con l’Ebraismo. È l’occasione giusta per soffermarsi su un’altra iniziativa interconfessionale in corso a Torino e Milano dal novembre scorso. “In principio…Per una lettura polifonica di Genesi 1-11”: questo il titolo di una serie di otto incontri di lettura a due voci (voce ebraica e voce cristiana) dedicati al commento di un testo fondante per le due tradizioni religiose, quella pagina aurorale del messaggio biblico nel cui contenuto originario e nel cui primordiale rapporto col divino tanto l’ebraismo quanto il cristianesimo colgono radici centrali della propria visione del mondo. Il ciclo – nato dal comune impulso al dialogo e all’approfondimento di un gruppo promotore che comprende ebrei, cattolici e protestanti – è organizzato da Comunità Ebraica di Torino, Chiesa Valdese di Torino, Chiese Battiste di Torino, Amicizia Ebraico-Cristiana di Torino, Centro Teologico dei Padri Gesuiti e Fondazione Carlo Maria Martini di Milano. L’obiettivo di fondo è il miglioramento della conoscenza reciproca fra approcci religiosi differenti, tutti comunque inscindibilmente vincolati per la propria stessa identità al testo biblico. Mettere a confronto le proprie diverse interpretazioni ha oggi per ebrei e cristiani un fine palesemente opposto al dichiarato proselitismo e alla volontà di dominio teologico posseduti dai duelli religiosi delle prime fasi del Cristianesimo e dalle prediche forzate a cui la Chiesa sottoponeva la popolazione dei ghetti. Ai nostri giorni il senso dello scambio di prospettive e di idee è quello di conoscere e quindi di comprendere meglio l’altro, al fine di rispettare rigorosamente la sua lettura delle medesime pagine e le scelte etiche che ne conseguono: dove “l’altro” da capire e da salvaguardare siamo innanzitutto noi ebrei, per secoli emarginati e discriminati; per quanto credo sia molto importante anche per noi ebrei comprendere nel profondo il nostro “altro”, cioè innanzitutto il mondo cristiano.
Ribadite queste premesse programmatiche (che peraltro ci rimandano a ben noti punti di riferimento: Jules Isaac e la nascita dell’amicizia ebraico-cristiana, Giovanni XXIII Paolo VI e la Dichiarazione “Nostra Aetate”, Giovanni Paolo II e gli ebrei “fratelli maggiori”), come si articolano gli incontri promossi da questa nuova iniziativa a due voci? Il gruppo promotore, di cui faccio parte, ha innanzitutto scelto il testo sul quale articolare le letture affiancate: Bereshit è sembrato il punto di partenza più adeguato, il riferimento di base comune a cui annodarci per tentare di individuare e interpretare i diversi fili che insieme ci differenziano e ci uniscono. All’interno del nucleo iniziale di Genesi, individuato nel percorso che si snoda dalla Creazione alla Torre di Babele, sono stati scelte le tappe fondamentali sulle quali soffermarsi, accostando ogni volta voce ebraica e voce cristiana: la Creazione e il riposo – l’ordine divino, la disobbedienza e la relazione ferita – il rapporto tra fratelli, la comparsa dello spirito del male e il primo omicidio – la violenza e il Diluvio – una nuova vita. Il patto noachide – la Torre di Babele e il pericolo del “pensiero unico”. Ai temi essenziali emergenti dalle parashot di Bereshit e di Noach è stato aggiunto un argomento di carattere generale sul quale è parso indispensabile soffermarsi secondo due prospettive: quello della rappresentazione artistica del contenuto biblico. Da un lato il senso del precetto aniconico dell’ebraismo, così esplicito e categorico; dall’altro lo sviluppo nelle arti figurative di tradizioni espressive capaci di cogliere il nocciolo dei variegati significati intrinseci al messaggio delle Scritture. Rav Ariel Di Porto e Padre Guido Bertagna si soffermeranno sul divieto di farsi immagini (3 maggio), mentre gli storici dell’arte Daniele Liberanome e Andrea Dall’Asta illustreranno la traduzione in pittura di Bereshit, cioè “Michelangelo nella Cappella Sistina” (31 maggio).
A percorso iniziato, e precisamente dopo il terzo incontro, credo si possa affermare che l’iniziativa dimostra la sua validità: il succedersi delle interpretazioni ebraiche e di quelle cristiane circa i caratteri e i limiti della condizione umana, i suoi rapporti col divino, l’emergere della dimensione etica e della via della teshuvah hanno fornito vari stimoli formativi e un effettivo impulso al dialogo da posizioni differenti ma spesso convergenti. E non è solo il contributo gnoseologico-formativo a rendere significativi questi appuntamenti. Essi costituiscono un esempio tra gli altri di dialogo civile, aperto, disponibile in tempi di continua violenza verbale, mediatica e non solo, nei rapporti interpersonali. Al linguaggio dell’odio reciproco sostituiscono quello dell’approfondimento e dell’interesse comune.
David Sorani

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