Nel nome di Annetta e Sissel

“Promettimi che mi darai la mano il giorno che arriverò da te. Perché, sai, un po’ di paura mi è rimasta. Ora ti saluto, sorellina. Aiutami a vivere, se puoi. E anche a morire. Come ti ho già detto, spero d’incontrarti un giorno. E immagino che sarò molto emozionato”.
È il 1990 quando l’editore e poeta fiorentino Daniel Vogelmann scrive le sue Cinque piccole poesie per Sissel. Versi che servono ad elaborare l’assenza/presenza della sorella mai conosciuta, la piccola Sissel, figlia del padre Schulim e della sua prima moglie Annetta, che era a sua volta figlia del grande rabbino Dario Disegni.
Toccanti foto le ritraggono insieme negli ultimi momenti di felicità prima del tentativo di fuga in Svizzera, l’arresto per mano fascista a Sondrio, lo smistamento in vari luoghi di detenzione e quindi la deportazione ad Auschwitz dove saranno subito uccise: Sissel aveva otto anni, Annetta quaranta. Era il 6 febbraio del 1944. Su quello stesso convoglio, partito dal binario 21 della stazione ferroviaria di Milano, aveva viaggiato Liliana Segre con il padre Alberto. Sarà l’unica a trovare la strada del ritorno, insieme proprio a Schulim, uno degli oltre mille ebrei salvati dal “Giusto” Oskar Schindler.
I nomi di madre e figlia risaltano, una accanto all’altra, nelle due stolpesteine collocate quest’oggi in via Manin 3.
Due famiglie, unite da questa tragedia, si sono ritrovate lì davanti per fare memoria. Tra i discendenti del rabbino Disegni presenti i nipoti Dario, Giulio e Ariel, con i primi due che sono rispettivamente presidente della Comunità ebraica torinese e vicepresidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane. Accanto a Daniel Vogelmann il fratello acquisito Guidobaldo Passigli, figlio di Albana Mondolfi seconda moglie del padre. Il 1947 sarà l’anno del loro matrimonio, il 1948 quello della nascita di Daniel. Schulim morirà nel 1974, lo stesso anno del suo salvatore. Quattro anni dopo a Daniel nascerà un figlio, che chiamerà Schulim.
“Pezzi della nostra collettività, non soltanto ebraica. Un segno che Firenze pone su stessa perché la città non può essere scevra da questa Memoria. Auspichiamo che aiuti a rendere la nostra società migliore, a non scivolare di nuovo nella barbarie”, le parole del presidente della Comunità ebraica fiorentina Enrico Fink. Un auspicio condiviso dal rabbino capo rav Gadi Piperno, che ha anche recitato l’izkhor per tutte le vittime della persecuzione nazifascista commemorate tra oggi e giovedì.
“Qui – ha affermato Daniel Vogelmann – abitava una famiglia felice: mio padre Schulim, sua moglie Annetta Disegni e la loro piccola Sissel. Nel 1938, a causa delle leggi razziste fasciste, Annetta fu espulsa dalla scuola dove insegnava e Sissel dall’asilo comunale. Ma, bene o male, la vita continuava. Poi, dopo l’8 settembre 1943, iniziò la caccia all’ebreo”.
“Con questo ricordo impresso nella pietra davanti alla casa di mia zia e di mia cugina sono riaffiorati in me molti pensieri e molte immagini anche dei silenzi di mio padre che non parlava e poco raccontava. Questa ferita è rimasta tra le cose più terribili della sua esistenza”, la testimonianza di Giulio Disegni. È poi intervenuto suo fratello Dario, che ha spiegato come loro padre si raccogliesse quotidianamente in preghiera davanti alla foto di Sissel e Annetta, posizionata nella credenza in sala da pranzo. Un’immagine caratterizzante “la nostra infanzia e adolescenza”. Una Memoria indelebile che è ora di tutti grazie “allo straordinario museo diffuso” costituito dalle stolpersteine.
Commoventi anche le parole di una vecchia compagna di giochi di Sissel, nata anche lei nel 1935: “Mi sono sentita in dovere di ricordarla, e anche di chiederle perdono. A un certo punto lei è sparita. E non mi è stato detto nulla, io forse non ho chiesto neanche, mi sono accontentata di una risposta vaga. Di questo mi pento, di questa mia indifferenza”.