La Memoria non è un festival
“Vergogna” è l’unica parola che può essere accompagnata alla conferenza stampa di presentazione del Festival delle Memorie tenutasi lo scorso 10 gennaio. Sin dal 2000 fu istituita dallo Stato italiano la data del 27 Gennaio di ogni anno quale Giorno della Memoria in ricordo dell’Olocausto ebraico. Pur avvezzo all’uso della lingua italiana, per il mestiere di avvocato, ho voluto consultare la Treccani per avere l’esatto significato etimologico della parola festival, testualmente “Festa popolare con musiche, balli, luminarie…”. Ecco la genialità di Ovadia che, come fosse a San Remo, si inventa il festival delle atrocità, dei drammi umani mescolando tutto e di più, contestualmente facendo un torto al singolo popolo che quelle atrocità ha subito.
Non intendo dilungarmi sulla unicità della Shoah, la sistematica e pianificata soluzione della questione ebraica da parte della Germania nazista, la storia parla da sé. Né alimentare inutili polemiche con Ovadia, non ne vale proprio la pena. Ebreo per nascita, ha costruito la propria carriera su rappresentazioni a tematica askenazita, lui che è un sefardita bulgaro! Contestualmente ha coltivato negli anni teorie antisioniste, sempre contro lo Stato di Israele, qualunque governo fosse al potere, per principio Israele è ed era per lui il diavolo.
La vergogna non è sua, ma di chi lo ha chiamato a dirigere il teatro di Ferrara e soprattutto lo sostiene e supporta nelle assurde invenzioni come il Festival delle Memorie.
L’amarezza, l’indignazione e lo stupore nascono dall’atteggiamento di Vittorio Sgarbi che si onora dell’amicizia di Ovadia e, con lui, afferma che “lo sterminio dei palestinesi da parte di Israele è un fatto”. Da non credere che un uomo di quel livello culturale scivoli su una pacchiana e obrobriosa castroneria storica.
Non ho alcuna intenzione di soffermarmi sulla politica israeliana, mi ribello tuttavia con fermezza a menzogne e pericolosi soprusi intellettuali che possano ingenerare opinioni che cozzano con la storia.
Lo Stato di Israele non ha mai perpetrato né stermini né genocidi, sia chiaro.
L’amarezza nasce pensando che il professor Sgarbi fu il primo lungimirante ideatore della creazione del MEIS (Museo Nazionale dell’Ebraismo e della Shoah a Ferrara) in seguito fatta propria da politici ferraresi.
Ricordo varie occasioni in cui il professore si è espresso favorevolmente nei confronti di Israele e del popolo ebraico e l’ho anche sentito difendere la indissolubile connessione fra giudaismo e cristianesimo.
Insomma, apparentemente (almeno sino ad oggi), un forte amico del popolo ebraico.
Il professore questa volta è proprio scivolato in un burrone, ammaliato inspiegabilmente dal direttore del teatro e aderendo all’idea assurda del festival.
Al mitico professor Cavallini, zio illustre di Vittorio, non sarebbe proprio piaciuta quella conferenza.
Neppure mi è piaciuta l’affermazione di avere scelto Ovadia “per la sua natura di ebreo”: che vuol dire?
Si sceglie credo sulla competenza, sulla capacità, sulla cultura, non sull’origine religiosa (e/o etnica).
Non ho avuto remora alcuna a manifestare al vecchio compagno di liceo le mie rimostranze ed amarezze e, cosa inaudita per lui, ha risposto testualmente: “Hai ragione, faccio una dichiarazione per chiarire”. Il chiarimento apparso il 18 gennaio u.s. sul Resto del Carlino non appare convincente, visto che Sgarbi attribuisce le sue parole ad una supposta provocazione verso Ovadia.
Infine, quanto mi piacerebbe che il sindaco e la sua giunta prendessero le distanze dai contenuti di quella conferenza.
Concludo, ma questa volta fra il serio ed il faceto mi viene proprio da dire al compagno di liceo Vittorio Sgarbi: capra, capra, capra.
Marcello Sacerdoti
(20 gennaio 2022)