Il futuro dell’Ucraina,
la previsione di Biden

Incontrando i giornalisti in conferenza stampa, il presidente Usa Joe Biden ha dichiarato di aspettarsi che il presidente russo Vladimir Putin nel prossimo futuro ordinerà un’invasione dell’Ucraina. “Penso che metterà alla prova l’Occidente, gli Stati Uniti e la NATO, nel modo più significativo possibile? Sì, penso che lo farà”, ha detto Biden. Aggiungendo: “Ma penso che pagherà seriamente e a caro prezzo per questo” e “che si pentirà di averlo fatto”. L’analisi del Presidente Usa, scrive il New York Times, “è andata ben oltre le attuali valutazioni di intelligence descritte dai funzionari della Casa Bianca, che concludono che Putin non ha preso una decisione sull’opportunità di invadere. Il commento ha anche suscitato preoccupazione in Ucraina e tra gli alleati della Nato, perché Biden ha riconosciuto che se Putin dovesse condurre solo una invasione parziale, le nazioni della NATO potrebbero essere divise su come reagire”. Una situazione dunque confusa, ma che rimarrà al centro della politica internazionale in questo 2022. Per il cancelliere tedesco Olaf Scholz, riporta la Stampa, serve una “soluzione politica” e auspica un percorso di “dialogo con Mosca”.
La conferenza stampa, a un anno dal suo insediamento, è stata anche l’occasione per Biden, raccontano Corriere e Stampa, per difendere il suo operato.

Il futuro del Medio Oriente. Gli Accordi di Abramo hanno aperto a nuove possibilità per il Medio Oriente, rilanciando in parte anche il dialogo tra israeliani e palestinesi. Lo dimostrano l’incontro tra il ministro della Difesa Benny Gantz e il presidente dell’Anp Mahmoud Abbas, così come il piano per Gaza del ministro degli Esteri Yair Lapid. A scriverlo su Repubblica, la vicepresidente dell’Europarlamento Pina Picierno (ruolo che ricopre assieme ad altri 13 colleghi), secondo cui è il momento che Europa e Italia si inseriscano in questo nuovo quadro. “L’Italia può e deve tornare a giocare un ruolo cardine in quell’area come in tutto il Mediterraneo, avendo un nuovo slancio che spinga la nostra politica estera ad affrancarsi da schemi ormai segnati dalla storia e votati all’impotenza. Si abbia il coraggio di dire qualcosa in più della formula “due popoli e due Stati”, – scrive Picierno – assioma certamente valido ma che deve essere accompagnato da una proposta concreta che isoli Hamas e gli altri gruppi terroristici. Si discuta quindi di opportunità economiche e di garanzie di sicurezza che liberino quelle terre dal ricatto dalla violenza”.

Wannsee e la pianificazione dello sterminio. Sui quotidiani si ricorda l’anniversario della Conferenza di Wannsee, quando, il 20 gennaio 1942, i gerarchi nazisti si incontrarono per pianificare “la soluzione finale della questione ebraica”. “Mai nella storia umana lo sterminio di un popolo era stato pianificato sedendo attorno ad un tavolo bevendo birra o tè, parlando a bassa voce, esponendo cifre e tempi come se si stesse pianificando il ritmo di una qualche produzione industriale”, ricorda su Repubblica Corrado Augias. La Conferenza di Wannsee, rileva Elena Loewenthal su La Stampa,“fu lo spartiacque fra le intenzioni e la messa in atto della macchina dello sterminio”.

Memoria. Si avvicina il 27 gennaio, con molte iniziative dedicate alla Memoria in tutto il paese. Da Milano a Roma, il Corriere ne presenta alcune, annunciando sulle pagine del settimanale 7 l’intervista alla Testimone della Shoah e scrittrice Edith Bruck. Su Domani lo storico Valerio De Cesaris scrive che “il giorno della Memoria è un monito: ci ricorda che tollerare il razzismo, in ogni sua espressione, e permetterne la diffusione, apre fatalmente la strada alla violenza omicida”. Sul Foglio invece Giovanni Beraldelli sottolinea come sia altrettanto importante ricordare “lo straordinario contributo dell’ebraismo alla civiltà europea”.

Israele e l’uso interno di Pegasus. Un’inchiesta giornalistica firmata dal quotidiano economico Calcalist ha creato in Israele molto scalpore. Secondo Calcalist, la polizia israeliana avrebbe usato lo spyware Pegasus – già al centro di un caso internazionale – per la sorveglianza su privati cittadini e persone con incarichi pubblici senza il via libera di un giudice. “Obiettivi dell’hackeraggio telefonico – scrive oggi il Fatto Quotidiano riprendendo l’inchiesta israeliana – sono stati nel corso degli anni sindaci, organizzatori delle proteste settimanali contro l’allora premier Benjamin Netanyahu, attivisti delle campagne anti Lgbt, uomini vicini ai politici ma anche anche impiegati di aziende governative”. Il periodo di riferimento andrebbe dal 2015 al 2018. L’attuale ministro della Sicurezza, Omer Bar Lev, ha escluso che la polizia abbia “sorvegliato cellulari senza un’approvazione giudiziaria”. Ma il Difensore civico Matanyahu Englman ha annunciato un’inchiesta sull’uso di Pegasus per verificare eventuali violazioni.

Daniel Reichel