“Pietre d’inciampo a Roma,
un patrimonio da tutelare”

Ludwig Pollak fu uno dei più grandi archeologi e mercanti d’arte tra Otto e Novecento. Nato e cresciuto nel cuore della Praga ebraica, in profonda sintonia con Freud e altre illustri personalità del tempo ma anche con Roma dove visse per ben 50 anni e dove fece alcuni dei suoi più incredibili ritrovamenti, tra cui il braccio mancante del Laocoonte poi donato ai Musei Vaticani. Una lunga permanenza dal finale tragico. Il 16 ottobre del 1943 i nazisti fecero irruzione nel suo appartamento, che si trovava al secondo piano di Palazzo Odescalchi presso Piazza Santi Apostoli 81. Oltre a Pollak, che aveva 75 anni, arrestarono la seconda moglie Julia e i figli Wolfgang e Susanna, avuti dal matrimonio con la prima moglie Margarete. Tutti deportati e tutti uccisi ad Auschwitz.
Da stamane altrettante pietre d’inciampo ne ricordano i nomi davanti al luogo della cattura. Il punto di partenza del nuovo tracciato di “Memorie d’inciampo a Roma”, con 30 pose che tra oggi e domani porteranno il numero complessivo delle stolpersteine romane a 387.
Tanti, anche quest’anno, i partecipanti. “L’installazione delle pietre, in prossimità del Giorno della Memoria, è ormai un appuntamento fisso per questa città, per i famigliari delle vittime, per le istituzioni cittadine, per i democratici e gli antifascisti, per gli studenti” ha evidenziato a tal proposito Adachiara Zevi, presidente di Arte in Memoria, dando il via alla tredicesima edizione di un’iniziativa che ha fatto scuola anche nel resto d’Italia. Tra gli intervenuti alle prime quattro pose anche l’assessore comunale alla Cultura Miguel Gotor, la presidente UCEI Noemi Di Segni, la coordinatrice nazionale contro l’antisemitismo Milena Santerini, Tatjana Bartsch della Biblioteca Hertziana, l’addetta culturale dell’ambasciata tedesca Annette Walther. Il lascito di Pollak, è stato ricordato, è oggi conservato nel Museo Barracco di cui fu a lungo curatore. Vi sono custoditi 25 diari del periodo che spazia dal 1886 al 1934, undici album di schizzi, oltre 2.500 libri, circa 1.800 fotografie, circa 2.000 documenti scritti, la collezione degli autografi di Goethe e alcuni oggetti d’arte. Un patrimonio valorizzato in una grande mostra che fu organizzata, nel 2018, insieme al Museo ebraico della Capitale. Per i 150 anni dalla sua nascita e per gli 80 dalla promulgazione delle leggi razziste.
Tra le collocazioni odierne molte hanno interessato l’area del quartiere ebraico, con la partecipazione tra gli altri del rabbino capo rav Riccardo Di Segni e della presidente della Comunità ebraica Ruth Dureghello. Tra le storie ricordate quelle di ebrei, antifascisti, vittime di deportazione politica. Questi i loro nomi: Tranquillo Sabatello, Enrichetta Astrologo, Settimio Sabatello e Carlo Sabatello (via Catalana 5); Bruno Rodella (via Lago Terrione 12); David e Settimio Limentani (via dei Giubbonari 30); Carmelo Coco (via Taranto 9); Lazzaro Moscato e Chiara Limentani (via Sant’Angelo in Pescheria 34); Rosa Di Segni (via della Reginella 6); Settimia Di Veroli e Giuseppe Di Nepi (vicolo Costaguti 3); Angelo Milano (via Cola di Rienzo 173); Roberto Forti (via Pietro Cuppari 47); Italia Perugia e Cesare Piperno (via Arenula 16); Enrico Mancini (via Giovanni Maria Percoto 5); Angelo Spizzichino (piazza Santa Rufina 2/A); Luigi Sabatini (via dei Quintili 202); Emma Di Porto (via de Nobili, Lotto 31); Giuseppe e Francesco Cinelli (via Antonio Rubino 5); Gastone De Nicolò (via Clelia 37).
Nell’occasione Zevi ha rivolto un appello al nuovo governo della città e a tutti i municipi affinché le stolpersteine “tornino a brillare sui marciapiedi e la verità terribile incisa su ognuna di esse diventi nuovamente leggibile e sia monito contro ogni ingiustizia, sopraffazione e intolleranza”. La situazione attuale vede infatti non poche di esse “in condizioni di grave negligenza e abbandono”.

(20 gennaio 2022)