Ferramonti, musica di libertà
Ferramonti, in Calabria, è stato uno dei più grandi campi di internamento italiani della seconda guerra mondiale. Tra il il giugno 1940 e il settembre 1943 vi transitarono oltre 3.000 ebrei stranieri e apolidi e, in numero ridotto, altri cittadini stranieri. In questo luogo desolato di confino, tra carenza di cibo e malattie, decine di internati trovarono la forza e l’entusiasmo di continuare a suonare, comporre, e persino organizzare concerti. Una vicenda tornata alla luce negli ultimi anni e al centro della mostra online della Fondazione Cdec “Tradotti agli estremi confini. Musica e musicisti nel campo di Ferramonti” (1940-1943) a cura di Laura Brazzo e Raffaele Deluca. “Questi musicisti scrivevano musica e facevano concerti per ricostruire, nel nulla in cui si trovavano, un’identità culturale. – racconta a Pagine Ebraiche Deluca, docente di discipline musicologiche al Conservatorio di Rovigo – Ci sono testimonianze bellissime di internati che raccontano come grazie a questi concerti sembrava di essere trasportati per un momento nei teatri di Vienna o Berlino. Anche in quel contesto così difficile la creatività non fu spenta. C’era la volontà di fare musica ‘nonostante tutto’. Una dimensione che merita attenzione e ulteriori ricerche”.
Nel campo di Ferramonti, spiega De Luca, erano internati molti musicisti che erano arrivati in Italia per perfezionare il proprio percorso artistico. Direttori d’orchestra, compositori, pianisti che poi riprenderanno il filo interrotto delle loro carriere finita la prigionia e la guerra. “Molti di loro non racconteranno nulla di quegli anni di internamento, alcuni sembrano svaniti nel nulla”. Da qui l’obiettivo della mostra (online in occasione del Giorno della Memoria), già presentata nel gennaio 2020 presso l’Istituto Italiano di Cultura di Varsavia, di riaccendere la luce sulle loro storie.
“L’idea è quella di indagare la tipologia di musica che veniva suonata all’interno di Ferramonti, comprendere le basi culturali dei musicisti, evidenziarne le scelte e quindi ricostruire in modo più ampio i loro percorsi”, evidenzia Laura Brazzo, responsabile dell’Archivio della Fondazione Cdec. Tra i tanti nomi ricordati, quello del pianista polacco Bogdan Zins, del direttore d’orchestra croato Lav Mirski, del compositore ucraino Isko Thaler e del giovane musicista austriaco Kurt Sonnenfeld. Proprio Armida Locatelli, erede di Sonnenfeld, si era presentata diversi anni fa al “Conservatorio di Milano con una scatola di spartiti manoscritti che aveva ricevuto in eredità. – racconta De Luca – Erano le musiche scritte ed eseguite a Ferramonti, così come altre carte. Fu l’innesco a scoprire tutto questo mondo così come ad approfondire il tema dei campi di internamento fascisti, ancora troppo poco conosciuti in Italia”. Da quella scoperta il musicologo ha costruito un lungo percorso di ricerca, culminato nel volume Tradotti agli estremi confini (Mimesis) e portato anche in precedenza sul palco. Nel 2017 infatti, ricorda, fu realizzato il concerto “Serata Colorata”, dedicato alla straordinaria vicenda di Ferramonti. “I concerti nel campo – rileva De Luca – erano permessi o tollerati semplicemente perché contribuivano a mantenere una certa tranquillità, non per altro”. A inquadrare quanto accadeva nel campo di internamento calabrese, l’ampio carteggio presente nel Fondo Israel Kalk, custodito dal Cdec. “Kalk, conosciuto a Milano per la Mensa dei bambini (una realtà che diede rifugio tra il 1939 e il 1943 a migliaia di bambini ebrei profughi), documentò nel corso degli anni anche la situazione a Ferramonti. – spiega Brazzo – Non solo, ne sostenne l’attività musicale impegnandosi a pagare l’affitto di un pianoforte per gli internati”. Sia Brazzo sia Deluca spiegano che molto della mostra arriva proprio dal Fondo Kalk. L’idea, aggiungono, è di aggiornare l’esposizione anche dopo la messa online, sfruttando le opportunità del digitale. Oltre al materiale visivo poi sarà possibile ascoltare alcuni brani musicali del programma di uno dei concerti organizzati dagli internati di Ferramonti. I brani sono eseguiti dagli studenti del Conservatorio di Musica di Rovigo guidati dai docenti Giuseppe Fagnocchi e Anna Bellagamba. Concerti presentati a Venezia e a Salerno in occasione delle celebrazioni del 27 gennaio. “Stiamo lavorando con gli studenti del Conservatorio per portare avanti una ricerca su questo mondo musicale. A ciascuno è stato affidata una tesi da sviluppare. E questo è un elemento chiave di questo lavoro: lo studio. – afferma Deluca – Penso che il Conservatorio, luogo dove si fa produzione, ma anche didattica e ricerca, sia il luogo ideale”. Anche per la Fondazione Cdec, aggiunge Brazzo, la mostra può aprire nuovi orizzonti di lavoro. “Da tempo abbiamo in cantiere l’idea di aprire un dipartimento di Musica ebraica. Questa mostra può essere il la perché si concretizzi”.
(nelle immagini – Giovane al pianoforte nel campo di internamento di Ferramonti, Fondo Israel Kalk
Archivio Fondazione CDEC. Sigbert Steinfeld e Bogdan Zins con la locandina dell’ultimo concerto eseguito insieme nel campo di Ferramonti, 5 aprile 1942. Fondo Israel Kalk – Archivio Fondazione CDEC).