Vittore Veneziani, il segno del Maestro

Nel 1938 con la promulgazione delle leggi razziste il Maestro Vittore Veneziani fu licenziato dal coro del Teatro alla Scala perché ebreo. Con lui furono allontanati compositori, cantanti, orchestrali e abbonati al prestigioso Teatro italiano. A ricordare quella macchia indelebile nella storia e allo stesso tempo a celebrare la figura di Veneziani, il Concerto della Memoria organizzato dall’Associazione Figli della Shoah assieme all’Anpi Milano e alla Scala. Il Coro del Teatro, diretto Alberto Malazzi, ha eseguito per l’occasione pagine di Mendelssohn, Puccini e Verdi. In apertura hanno portato i propri saluti la presidente dell’Associazione Figli della Shoah Daniela Dana Tedeschi e il presidente dell’Anpi Milano Roberto Cenati. “Oggi dopo 84 anni siamo qui, in occasione delle iniziative promosse per il Giorno della Memoria, per ricordare lui e le tante vittime degli orrori del regime nazi-fascista. – ha evidenziato l’assessora ai servizi civici del Comune Gaia Romani – Un momento importante per fare memoria e ricordarci che la democrazia e i suoi valori di rispetto, tolleranza e inclusione, sono un traguardo che la nostra comunità non deve dare per scontato, bensì difendere soprattutto in tempi difficili ed incerti, in cui non mancano odiosi rigurgiti antisemiti”.
Veneziani fu richiamato nel 1946 a dirigere il coro dal grande Maestro Arturo Toscanini, che lo aveva peraltro portato la prima volta alla Scala. Come ha ricordato Cenati, dopo l’infamia delle leggi razziste, “Veneziani, accettò di diventare maestro del coro delle sinagoghe di Milano, Torino, Firenze e della scuola ebraica di via Eupili, dove insegnavano tanti professori liceali e universitari allontanati dalle scuole pubbliche. Fu il contrario di quello che auspicavano le autorità fasciste: la scuola diventò, grazie a questi eccezionali maestri, un’isola di alta cultura e di discussione. La notizia che l’incubo era finito, che Toscanini lo voleva di nuovo con sé, lo colse a Roveredo nei Grigioni, dove aveva trovato rifugio”.