Al Memoriale, contro l’indifferenza
Nel gennaio 2016 ad ascoltare la testimonianza di Liliana Segre al Teatro Arcimboldi di Milano, oltre a duemila studenti, c’erano anche alcuni detenuti della II Casa di Reclusione di Milano Bollate. “Rimasero profondamente colpiti dal racconto di Segre. Dalla sua forza di non cedere, nonostante tutto, alla scelta di vendicarsi sui suoi aguzzini. Dal suo ricordo rispetto all’umanità dei carcerati di San Vittore, unici a esprimere solidarietà agli ebrei nel silenzio indifferente di Milano. E così, alla fine della testimonianza, le chiesero la disponibilità a venire a Bollate per far ascoltare quelle parole anche agli altri detenuti”. Segre accettò l’invito e quella visita lasciò un segno, raccontano oggi Laura Cambri e Chiara Maffioletti della Cooperativa sociale Articolo 3.
Proprio la cooperativa si era occupata di portare all’Arcimboldi i detenuti e, in questo 27 gennaio, ha promosso un’altra iniziativa legata alla Memoria. In queste ore infatti alcuni detenuti di Bollate stanno svolgendo il servizio volontario al Memoriale della Shoah di Milano nella gestione dell’accoglienza dei visitatori. “Noi come Articolo 3 da oltre quindici anni ci occupiamo di favorire processi di inclusione sociale, in particolare in ambito penale e penitenziario”, spiegano Cambri e Maffioletti. E in questo quadro rientra l’iniziativa al Memoriale, che fa parte del progetto RestART Bollate finanziato dalla regione.
“L’obiettivo è favorire la possibilità per i detenuti (che hanno le condizioni giuridiche e personali per avere misure esterne) di svolgere attività utili alla comunità e allo stesso tempo di mostrare al mondo esterno che queste persone sono più della sola etichetta con cui vengono identificati”. Il gruppo che ha aderito all’iniziativa al Memoriale ha svolto anche una visita guidata all’interno del luogo simbolo della Shoah a Milano. Da qui il 30 gennaio 1940 fu deportata Liliana Segre. “Sono rimasti molto colpiti. Non sono le stesse persone che hanno incontrato Segre, ma hanno potuto ascoltare la sua testimonianza in una delle stanze del Memoriale. L’impatto del luogo è stato molto forte per loro”. Per Articolo 3 questi momenti sono importanti sia per i singoli detenuti sia per istituzioni e cittadini per venire a contatto con loro. La Cooperativa si occupa dal 2003 di promuovere e gestire progetti socio-educativi all’interno del carcere di Bollate legati all’istituto del trattamento avanzato, teso al recupero socio lavorativo dei detenuti. “In particolare ci occupiamo di giovani adulti, ma non solo. Promuoviamo i percorsi di alfabetizzazione avviati a Bollate con diversi istituti della città e abbiamo portato a una collaborazione con le Università Statale e Bicocca”. Ampio dunque l’impegno a favore di una realtà, come quella delle carceri, poco conosciuta e spesso soggetta a una controproducente spersonalizzazione che non facilita l’obiettivo finale, il reintegro all’interno della società.
Con iniziative come quella per il 27 gennaio, spiega Articolo 3, “le persone detenute possono mettersi a disposizione della comunità a titolo volontario con l’obiettivo di proporsi sotto una diversa luce, come singoli individui consapevoli rispetto al danno prodotto dai reati, ma portatori di storie e di capacità e competenze, che possono quindi provare a riparare e ricostruire legami sociali spezzati, offrendosi invece come risorse per la collettività”.
La presenza al Memoriale è, rileva la cooperativa, “particolarmente importante e significativa per la dimensione simbolica del Giorno della Memoria”. Sia come momento di ricordo delle vittime della persecuzione, sia come messaggio di contrasto all’indifferenza.
Un’indifferenza che, ha più volte raccontato Segre, i detenuti di San Vittore contrastarono con piccoli, ma importanti gesti di solidarietà. “Furono gli unici umani che incontrammo in quei tristi giorni. In 605 venimmo chiamati per salire sui vagoni blindati ed andare ad Auschwitz. I carcerati, vedendoci partire e sapendo che eravamo innocenti, ci salutarono lanciandoci quel poco che avevano: arance, mele, qualche sciarpa e soprattutto le loro benedizioni che ci furono di grande conforto e che io ancora oggi ricordo con grande affetto”. Al suo racconto all’interno di Bollate, uno dei detenuti, riportano le cronache dell’epoca, rispose: “Noi soffriamo qua dentro, signora, ma lei ci ha fatto sentire fortunati, non dimenticheremo. Parlando di morte ci ha detto cosa sono la vita e la resistenza. Ci ha spiegato che siamo forti, e che farcela vale la pena”.