“Azzariti, una storia da conoscere
anche per sapere chi siamo oggi”
Da presidente del Tribunale della razza nell’Italia fascista a presidente della Corte costituzionale nell’Italia repubblicana. È la sconcertante e al tempo stesso istruttiva parabola di Gaetano Azzariti. Una storia rivelatrice, forse la più efficace per metterla a nudo, di quell’incapacità ormai acclarata di fare i conti con il passato che contraddistingue il Paese nel volgersi verso il Ventennio e in particolare verso gli anni della persecuzione antiebraica.
A ricostruire la vita di questo “magistrato senza toga” che ha goduto a lungo di onori ed encomi trasversali è “In questi tempi di fervore e gloria”, l’ultimo libro del giurista Massimiliano Boni pubblicato da Bollati Boringhieri a ridosso del Giorno della Memoria.
“La biografia di un uomo che è riuscito a muoversi in favore di vento in tre regimi: l’Italia liberale giolittiana, il regime fascista, lo Stato democratico. Una figura che è quindi un paradigma di questa nostra incapacità di relazionarci con quel periodo” la presentazione di Michele Luzzatto, direttore editoriale della casa editrice, nel corso di un evento organizzato dalla libreria Feltrinelli di galleria Alberto Sordi a Roma. La prima presentazione pubblica di un’opera che sta suscitando grande interesse anche a livello mediatico e che è l’esito, per l’autore, di quasi dieci anni di studi e ricerche.
“Un libro da regalare ai ragazzi, a chi vuole avviarsi a una carriera nella giurisprudenza e nelle istituzioni. Un libro che insegna che possiamo avere vite di successo ma che c’è un punto che non possiamo perdere per strada ed è il rapporto con la coscienza morale”, l’apprezzamento dell’assessore alla Cultura del Comune Miguel Gotor. Fedeltà, silenzio, adesione all’ordine: questi, nella sua lettura, alcuni tratti distintivi dell’azione di Azzariti. Saranno altre due caratteristiche, e cioè “competenza” ed “efficacia”, a portarlo a capo del Tribunale della Razza. L’apice della sua carriera, bene non dimenticarlo, sarà però sotto Badoglio (di cui fu ministro di Grazia e Giustizia). E cioè, ha proseguito lo storico, “quel tempo che gli italiani si sono dati per cambiare casacca”.
Un paradigma anche per Noemi Di Segni, presidente UCEI, che ha sollevato il tema non soltanto della “questione morale” ma anche delle “responsabilità”. Uno spunto anche per riflettere attorno a questioni attuali come il giusto equilibrio tra i valori sanciti dalla Costituzione e il godimento di alcune libertà fondamentali. Come “l’abuso della libertà di espressione” che si mette in pratica, talvolta, per odiare online. Ma anche la libertà di manifestazione e assembramento concessa a “gruppi che esplicitano odio e nostalgia del fascismo, ma che non sono perseguitati per il loro comportamento”. E ancora libertà di stampa messa in discussione da letture come il Mein Kampf “che possiamo trovare oggi anche in edicola”. Libertà forse da ripensare?, si è chiesta.
La parola è andato poi all’autore: “Raccontare Azzariti è stata una sfida. Perché per forza di cose, per parlarne, mi sono dovuto ‘avvicinare’ a questo personaggio. Anche se la tentazione è stata piuttosto quella di allontanarmi”. Alcune metafore calzanti: “Se dovessi descrivere Azzariti indicando un animale direi che è stato un camaleonte. Se dovessi parlarne come di uno sportivo direi che è uno che partecipa alle Olimpiadi e vince sempre: vince nella magistratura, vince nella sua carriera al vertice dell’amministrazione, vince come numero uno della Corte costituzionale. Se fosse un marchingegno, infine, lo paragonerei a una macchina del tempo. Ma a doppia velocità”. Doppia perché attraverso Azzariti non si va in un’unica direzione, ma anche al suo esatto inverso. Leggerlo, rileggerlo, ci permette infatti di capire anche “chi siamo noi oggi”.
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(28 gennaio 2022)