“Da Fossoli a Tiburtina, stazioni di Memoria
per richiamare le nostre responsabilità”
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“Oggi cominciamo questo viaggio che parte da Fossoli e arriva a Milano, a Roma, a San Sabba a Trieste e finisce a Ferrara al Museo nazionale dell’ebraismo italiano e della Shoah , per dare il senso che questa è una storia che riguarda anche l’Italia sia come vittime che come carnefici. Un viaggio nel dolore ma poi anche nella resurrezione del nostro Paese”. Nelle parole del ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi il significato del progetto del viaggio diffuso della Memoria, organizzato all’indomani del 27 gennaio dal ministero assieme all’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane. Un appuntamento a più tappe, nato per costruire un’alternativa di valore al viaggio ad Auschwitz (impossibile a causa della situazione sanitaria), che ha coinvolto quattro realtà del nostro paese segnate dalla tragedia della persecuzione: il Campo di Fossoli, nel modenese, la stazione Tiburtina a Roma, il Memoriale della Shoah di Milano e il Meis di Ferrara. Ad accompagnare gli studenti di diverse scuole italiane in questo itinerario di Memoria – riprodotto anche online – , le testimonianze di sopravvissuti alla Shoah o dei loro figli, con lo storico Marcello Pezzetti a fornire il contesto a queste dolorose vicende.
“Noi che siamo qui e nelle altre stazioni oggi ci assumiamo la responsabilità della Memoria. È una sfida concreta, precisa, pesante e faticosa e solo insieme la possiamo affrontare”, ha ricordato da Fossoli la Presidente UCEI Noemi Di Segni, richiamando la necessità di agire, attraverso la magistratura e attraverso il legislatore, contro chi ancora una volta abusa dei simboli della persecuzione, come accaduto a Perugia e in altre città italiane. Assieme al ministro, Di Segni ha firmato poi il Memorandum, rinnovato ogni anno, dedicato al lavoro sulla Memoria nelle scuole italiane. Una Carta quest’anno siglata anche tra il ministero e il Meis. “Questa è l’occasione in cui il ricordo vivo di ciò che è stato deve essere sorretto da un ideale da portare avanti non solo il 27 gennaio, ma in ognuno dei giorni dell’anno. – ha evidenziato il Presidente del Meis Dario Disegni, prima della sigla del memorandum – l’impegno a lottare contro ogni forma di razzismo, di antisemitismo e di intolleranza, fenomeni che purtroppo stanno riemergendo con crescente virulenza in tutto il mondo”. Disegni ha ricordato il ruolo del Meis per costruire consapevolezza sul ruolo degli ebrei nella società italiana e su come le leggi razziste e la persecuzione rappresentarono un tradimento dell’Italia nei confronti dei propri cittadini. Tradimento che toccò anche altri territori sotto il controllo del regime come la Libia, ha ricordato il presidente della Comunità ebraica di Ferrara Fortunato Arbib nel suo intervento al Meis. Un intervento in cui ha ricordato il suo passato di paure in Libia, anche dopo la guerra, ma anche il presente di speranza. “La memoria degli antichi splendori della nostra comunità ebraica a Ferrara, i suoi valori conservati fino ad oggi sono un valore aggiunto per la città”, la sua riflessione, con l’auspicio di poter riaprire presto il suo museo e l’impegno a continuare a mantenere vivo l’ebraismo in città.
Nell’occasione il ministro Bianchi ha svelato insieme al presidente del Meis una targa all’ingresso del museo: “Questo edificio fu un carcere durante il secolo scorso. – si legge nella targa – Qui furono imprigionate vittime innocenti nel periodo buio della dittatura fascista, oppositori politici ed ebrei condotti alla morte nei lager nazisti. Rinasce come Museo Nazionale dell’Ebraismo Italiano e della Shoah, per un futuro di speranza, quale luogo della fratellanza tra i popoli e di incontro tra culture e religioni”.
Un richiamo alla responsabilità storica dei luoghi era arrivato in mattinata da Marzia Luppi e Pierluigi Castagnetti, rispettivamente direttrice e presidente della Fondazione Fossoli. “Questo campo è un testimone di come la Repubblica sociale sia stata solidale con il regime nazista nell’internare gli ebrei e i politici e nell’organizzare la deportazione”. A dare voce al tragico passato di Fossoli, la testimonianza del genovese Gilberto Salmoni, arrestato a 16 anni con la famiglia sulla frontiera con la Svizzera, transitato dal campo per poi finire nel lager tedesco di Buchenwald assieme al fratello. “Qui abbiamo trovato molta umanità da parte degli altri deportati”, ha raccontato Salmoni, con un sorriso. Nonostante le difficoltà lui e il fratello riuscirono a sopravvivere e tornare in Italia. “Purtroppo il ritorno è stato molto triste: abbiamo scoperto che mio padre, mia madre, mia sorella incinta erano stati assassinati ad Auschwitz. Avevamo immaginato che quello sarebbe stato il loro destino vedendoli partire da Fossoli. Mia sorella era stata ferita durante un mitragliamento aereo e quindi sarebbe stata inservibile per il lavoro”.
La testimonianza di Edith Bruck e Sami Modiano ha invece caratterizzato la tappa alla stazione Tiburtina di Roma, da dove furono deportati gli oltre mille ebrei romani rastrellati il 16 ottobre 1943.
“Testimoniare è un dovere morale. Lo faccio da sempre, dal primo momento. Vivere la Memoria ogni giorno: qualcosa che non è per me, ma per gli altri. Tutti i razzismi sono nefasti, tutti ci riguardano da vicino” ha sottolineato Bruck, nel ripercorrere la storia della sua deportazione dall’Ungheria e nell’evidenziare la proiezione del suo impegno oggi. “Un sopravvissuto è diverso dalle altre persone: ha i suoi incubi, le sue depressioni, i suoi silenzi. Lo faccio per i ragazzi, cui voglio un gran bene. Ho 92 anni ma sono ancora presente. Fin quando Dio mi darà la forza andrò avanti” le toccanti considerazioni di Sami, che fu deportato dall’isola di Rodi.
A precedere la loro testimonianza gli interventi del direttore della Comunicazione del Gruppo Ferrovie dello Stato Luca Torchia, del capo dipartimento per le Risorse Umane del ministero dell’Istruzione Jacopo Greco, del Consigliere UCEI Saul Meghnagi e della presidente della Comunità ebraica di Roma Ruth Dureghello. Mentre lo storico Amedeo Osti Guerrazzi ha esposto le vicende relative a questo luogo in quel drammatico ottobre.
“Ricordare e tramandare per sedimentare gli anticorpi che proteggono le democrazie europee dalle derive autoritarie”, ha esordito Torchia riallacciandosi al senso di questa iniziativa. Una giornata, ha proseguito Greco, “con una carica educativa di fondamentale importanza”. Meghnagi ha citato Hans Jonas e la sua lacerante domanda dopo Auschwitz: “Come faremo a raccontare ai giovani ad avere fiducia?”. Da qui il compito, di enorme responsabilità, “che ricade sul mondo della scuola e degli insegnanti”. Un compito che non si esaurisce nella sola trasmissione di saperi. Rivolte ai ragazzi presenti e in collegamento anche le parole della presidente Dureghello: “In questo luogo di Memoria – il suo messaggio – dovete cercare di comprendere quale è il vostro dovere, la vostra responsabilità nel mondo di domani. Il modo giusto in cui rivolgervi verso l’Altro”.
Un messaggio condiviso a Milano, dove simbolicamente gli interventi al Memoriale della Shoah si sono tenuti nei pressi dei vagoni merci, donati dalle Ferrovie dello Stato, e richiamo della tragica storia del luogo: da qui, nei meandri della Stazione centrale, ha ricordato il Presidente del Memoriale Roberto Jarach, furono deportati centinaia di ebrei in direzione Auschwitz. Tra loro, anche Liliana Segre. “È stata lei – ha sottolineato la coordinatrice nazionale contro l’antisemitismo Milena Santerini – ad aver voluto che all’ingresso del Memoriale venisse posta la parola indifferenza. Indifferenza che rese possibile che questi vagoni carichi di persone partissero in direzione Auschwitz”. “Ecco non rendiamo oggi normale quell’indifferenza”, ha esortato Santerini, rivolgendosi in particolare ai giovani perché intervengano per arginare l’antisemitismo. Una minaccia che “sta rialzando la testa”, hanno ricordato Jarach e il presidente dell’Ugei David Fiorentini, in riferimento al recente caso in provincia di Livorno. Ai giovani si è rivolto anche Stefano Vasari del ministero dell’Istruzione, richiamando l’impegno delle istituzioni sul fronte della didattica della Memoria. Un impegno necessario da parte di tutti affinché le parole dei testimoni non rimangano circoscritte a un solo giorno, l’analisi del vicepresidente UCEI Milo Hasbani. A riportare invece la testimonianza paterna, Gadi Schoenheit, assessore alla Cultura UCEI e figlio di Franco, sopravvissuto a Buchenwald. “Due elementi fecero forza a mio padre. – ha raccontato Schoenheit – La rabbia e il fatto di essere con suo padre nel lager. Era arrabbiato perché si chiedeva perché dovesse morire. ‘Perché andavo in sinagoga di shabbat invece che a messa la domenica? Per questo devo morire?’, diceva”. Una rabbia che ha fatto da motore per rimanere attaccato alla vita. “L’altra sua fortuna fu rimanere insieme al padre. Erano in due e non era affatto scontato. Il campo ti toglieva il nome, l’identità, ti faceva diventare numero. E invece loro potevano riconoscersi e sostenersi”.
Tra i Testimoni coinvolti anche Andra e Tatiana Bucci, fiumane d’origine e sopravvissute bambine ad.Auschwitz, un cui intervento registrato è stato proposto in occasione della tappa alla Risiera di San Sabba a Trieste, l’unico lager nazista in Italia dotato di forno crematorio. Nel loro racconto l’orrore della deportazione, ma anche i momenti che hanno significato il ritorno alla vita. Come i mesi trascorsi, nell’immediato dopoguerra, nel centro inglese di Lingfield. “Non avevamo più visto un giocattolo da quando avevamo lasciato Fiume. Lì è ricominciata la vita. Lì ho capito che potevo riprendermi, in qualche modo, la mia infanzia”, ha spiegato Tatiana. A intervenire anche Armando Menachem Chaim, figlio di sopravvissuti, le cui parole sono state introdotte dal direttore dell’Ufficio scolastico regionale Daniela Beltrame e dallo storico Tristano Matta.
In precedenza erano intervenuti il prefetto Annunziato Vardè, l’assessore comunale alle Politiche dell’Educazione e della Famiglia Nicole Matteoni, il consigliere del ministro dell’Istruzione Antonio Labianco, il presidente della Comunità ebraica triestina Alessandro Salonichio, il consigliere UCEI Joram Bassan, i presidenti delle Comunità Culturali Slovene Ksenija Dobrila e Walter Bandelj.