Jazz, swing, blues: note contro il regime

“Abbiamo pensato quest’anno di dare voce alla persecuzione che fu messa in atto, dal regime nazista in Europa e da quello fascista in Italia, contro la Musica definita ‘degenerata’, la cosiddetta Entartete Musik”. E così, spiegava Daniela Dana Tedeschi, il tradizionale Concerto della Memoria organizzato al Conservatorio di Milano quest’anno ha avuto come protagonisti la musica jazz, swing e blues. Un modo, ha sottolineato la presidente dell’Associazione Figli della Shoah – che ha ideato l’iniziativa -, per riscoprire “come molti musicisti, cantanti famosi e grandi orchestre dell’epoca aggirarono l’ostacolo continuando a suonare la ‘loro’ musica. Il jazz, lo swing e il blues divennero così lo strumento di resistenza dei musicisti perseguitati, negati ed eliminati dalla macchina dello sterminio”.
Curato da Lydia Cevidalli e Nicoletta Mainardi, il concerto ha visto una ampia partecipazione. “Vi ringraziamo per essere qui così numerosi, non era scontato”, hanno ricordato dal palco il rabbino capo di Milano rav Alfonso Arbib e il presidente della Comunità ebraica della città Walker Meghnagi. Entrambi hanno colto l’occasione per ribadire che il Giorno della Memoria deve essere una lezione per il presente. Sia come impegno contro la banalizzazione della Shoah, sia come lotta contro ogni forma di antisemitismo. Sull’importanza della formazione dei giovani si è soffermato Roberto Jarach, presidente del Memoriale della Shoah, lasciando poi il palco alla musica. Ad esibirsi, l’orchestra Jazz del Maestro Pino Jodice, con la partecipazione dei studenti del Conservatorio Verdi di Milano, che hanno eseguito tra gli altri brani di Gorni Kramer, Pippo Barzizza, il Trio Lescano, Coco Schumann e Franco Cerri.
“Attraverso la musica – la riflessione di Claudio Ricordi, – vogliamo raccontare alcuni momenti del Male assoluto, la Catastrofe. Una colonna sonora di suoni, voci, musiche che raccontano un crescendo drammatico che inizia quasi sommessamente con le leggi razziali nazifasciste del 1933 e del 1938, e si spinge sino al salto nel vento dello sterminio nella sua fase finale. Una colonna sonora che vorremmo non fosse mai stata scritta. Per non dimenticare, per ricordare, si deve prima conoscere. E alla conoscenza e al ricordo servono anche le storie della musica allora perseguitata, proibita, dimenticata al di qua e al di là delle Alpi”.