Storia di Livorno,
storia ebraica

Rattrista che Livorno sia finita, seppur impropriamente a livello geografico, nelle cronache degli ultimi giorni per un odioso episodio di antisemitismo accaduto nella parte meridionale della sua provincia. Chi conosce Livorno sa bene che questa città è un po’ a sé ed è rimasta sempre fieramente un po’ slegata dal resto del territorio di cui è capoluogo, come dall’intera regione toscana. Ciò non mette comunque i livornesi al riparo e tanto meno dovrebbe portarci a eludere il problema, per quanto in misura minore rispetto ad altri luoghi episodi di antisemitismo non sono purtroppo mai mancati nel corso degli anni neppure qui.
La realtà che questa città “non abbia mai avuto un ghetto” e abbia aperto il suo porto a nazioni diverse è nota un po’ a tutti i livornesi, ed è sempre stata un motivo di orgoglio per la cittadinanza. Per quanto sia così poco visibile agli occhi di un forestiero, la storia di Livorno e il suo sviluppo è inscindibile da quella degli ebrei che hanno abitato in questa città.
Una memoria conosciuta che è ben viva in tanti aspetti della livornesità, grazie anche alla presenza di un’ancora vivace, per quanto ridimensionata, comunità ebraica e al lavoro degli storici locali.
Talvolta considerata la crisi sociale e culturale dei nostri tempi viene da domandarsi quanto questa “eredità” sarà conservata e prolungata nel tempo. Se davvero aggressioni come quella di Venturina siano davvero così lontane e improbabili nel mio capoluogo, come in altri luoghi che potremmo considerare “al sicuro”.
“Livorno s’è fondata noi artri” è scritto con chiara enfasi in un sonetto dello scrittore Guido Bedarida, presente nella raccolta “Ebrei di Livorno” del 1956. La storia della città è anche in questi 180 sonetti in giudeo-livornese, i quali purtroppo non sono stati mai più ristampati. Forse talvolta viene dimenticato quanto oltre a Livorno, gli ebrei, come altre popolazioni, siano stati partecipi della storia d’Italia e delle culture locali. E come nonostante tutto abitino ancora nell’Italia contemporanea non come “creature mitologiche” ma in modo analogo ai loro concittadini.

Francesco Moises Bassano