Sette anni, un segno indelebile

“Il nostro Paese ha pagato, più volte, in un passato non troppo lontano, il prezzo dell’odio e dell’intolleranza. Voglio ricordare un solo nome: Stefano Gaj Taché, rimasto ucciso nel vile attacco terroristico alla Sinagoga di Roma nell’ottobre del 1982. Aveva solo due anni. Era un nostro bambino, un bambino italiano”.
Sono le parole, indelebili nella coscienza pubblica, con cui Sergio Mattarella scelse di presentarsi al Paese nel giorno del suo insediamento come Presidente della Repubblica. Era il 3 febbraio del 2015. Esattamente sette anni dopo, il 3 febbraio del 2022, si ripresenterà in Parlamento per un altro discorso molto atteso.
Piena fiducia dal mondo ebraico. Un rapporto che nel suo primo settennato è stato costante e caratterizzato da molti incontri che hanno lasciato il segno. Fu proprio Mattarella ad inaugurare, nel dicembre del 2017, il Museo nazionale dell’ebraismo italiano e della Shoah di Ferrara. “Un capolavoro di integrazione e identità”, l’avrebbe definito al termine della visita alla prima mostra dell’allestimento permanente “Ebrei, una storia italiana. I primi mille anni” curata da Anna Foa, Giancarlo Lacerenza e Daniele Jalla. Primo atto da Presidente una sosta al Mausoleo delle Fosse Ardeatine, per un momento di silenzioso raccoglimento. Un luogo a lui molto caro in cui tornerà più volte, sia negli anniversari dell’eccidio sia in altre circostanze. Nel maggio del 2017 ne varcherà la soglia in compagnia del suo omologo tedesco Frank-Walter Steinmeier. Uno accanto all’altro per una giornata entrata nella storia dei due Paesi e d’Europa.
“Il contributo recato dalla comunità ebraica è decisivo nella storia d’Italia. Ma non sempre questo è stato compreso” evidenzierà Mattarella dal Tempio Maggiore di Roma nel febbraio del 2020. “Quando ero bambino, ragazzo, ho vissuto a lungo a Roma e mi sentivo romano. Ma fin dalle elementari alcuni compagni di scuola mi dicevano un vecchio detto, secondo il quale ci vogliono sette generazioni nate a Roma per essere romani. Voi avete 2mila e 200 anni alle spalle. Sono ben pochi – sottolineerà ancora – a potersi sentire più romani di voi”.
Emblematica la sua scelta di fare di Liliana Segre una senatrice a vita. Un atto che resta tra i più significativi del suo mandato anche perché compiuto nel 2018, nell’ottantesimo anniversario dalla proclamazione delle leggi razziste. “Un capitolo buio, una macchia indelebile, una pagina infamante della nostra storia”, ricorderà appena pochi giorni dopo nel corso della solenne cerimonia per il Giorno della Memoria al Quirinale.
Accanto alla senatrice a vita una emozionante visita al Memoriale della Shoah di Milano, avvenuta nel maggio del 2019. “L’abisso del male è inimmaginabile e il dovere della Memoria è la base per il futuro, per la convivenza del futuro”, il suo messaggio in quella circostanza.
Due volte sarà in Israele, nell’ottobre del 2016 e nel gennaio del 2020 per i 75 anni dalla liberazione del campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau. “Sono qui per dimostrare l’amicizia tra Italia e Israele. Un’amicizia rappresentata anche da voi, che siete un legame tra i due paesi” le sue parole di apprezzamento nei confronti degli Italkim, gli italiani d’Israele, incontrati a Gerusalemme.
Un rapporto forte anche sul piano culturale. Come attesta la consegna, tra le sue mani, del primo volume del Talmud Babilonese tradotto in italiano (aprile 2016). Una tradizione che si è rinnovata nel tempo, di uscita in uscita.