Dossier Documentare la Memoria
Formare contro l’indifferenza

Tra gli elementi più dirompenti del Memoriale della Shoah di Milano c’è un suono che rimbomba appena varcato l’ingresso. “È la cupa colonna sonora di quel luogo”, ricorda la senatrice a vita Liliana Segre. È il rumore dei treni che a pochi metri di distanza, sopra le fredde travi di cemento armato, entrano ed escono dalla Stazione centrale della città. Un rumore che segna come lassù la vita prosegua frenetica, vivace e inconsapevole. Indifferente a quello che accade poco più sotto, dove invece il tempo, appena si varca la soglia, si ferma. Dove il primo passo ti ricorda quanto possa essere pericolosa l’indifferenza.
“Da anni, ogni volta che mi sento chiedere: ‘Come è potuto accadere tutto questo?’, rispondo con una sola parola, sempre la stessa. Indifferenza. Tutto comincia da quella parola. – racconterà Segre nel volume La Memoria rende liberi (Rizzoli) – Gli orrori di ieri, di oggi e di domani fioriscono all’ombra di quella parola. Per questo ho voluto che fosse scritta nell’atrio del Memoriale della Shoah di Milano, quel binario 21 della Stazione Centrale da cui partirono tanti treni diretti ai campi di sterminio, incluso il mio”. Per Segre la chiave “per comprendere le ragioni del male è racchiusa in quelle cinque sillabe, perché quando credi che una cosa non ti tocchi, non ti riguardi, allora non c’è limite all’orrore. È come assistere a un naufragio da una distanza di sicurezza. Non importa quanto grande sia la nave o quante persone abbia a bordo: il mare la inghiotte e, un attimo dopo, tutto torna uguale a prima. Non un’onda in superficie, non un’increspatura. Solo un’immobile distesa d’acqua salata”.
Il Memoriale da lei fortemente voluto rappresenta un argine a questo pericolo di ricadere nell’oblio. Dopo essere stato a lungo dimenticato, negli anni ‘90 questo pezzo di storia tragica di Milano e dell’Italia è tornato alla luce. Grazie a diverse realtà ebraiche e civili del territorio, grazie alla collaborazione delle istituzioni cittadine e delle ferrovie di Stato, è diventato un progetto concreto di Memoria collettiva e consapevole. Nel 2013 ha aperto ufficialmente il suo percorso dedicato a ricostruire i fatti a cui la città nel 1944 decise di non prestare orecchio. La deportazione di centinaia di persone, allora dimenticate nel silenzio complice, oggi ricordate sul Muro dei nomi. Uno degli elementi dell’itinerario museale, ideato dagli architetti Guido Morpurgo e Annalisa de Curtis, a cui si affiancano gli spazi dedicati invece alla funzione di laboratorio e studio, con l’auditorium, la sala didattica e la biblioteca. “Il nostro obiettivo – chiariva sin dall’inizio Roberto Jarach, presidente della Fondazione Memoriale – è offrire non soltanto uno spazio fisico dedicato alla memoria, ma mettere a disposizione un centro di confronto e di conoscenza. Che permetta, attraverso l’elaborazione, di capire i meccanismi alla base dell’antisemitismo e di ogni forma di discriminazione”.
A distanza di nove anni da quelle parole, il Memoriale completa questa sua doppia funzione, inaugurando in primavera la nuova biblioteca e gli spazi didattici. E accogliendo al suo fianco, come raccontiamo nelle pagine del Dossier di Pagine Ebraiche di febbraio intitolato “Documentare la Memoria”, una fondamentale novità: l’ingresso nella struttura della Fondazione Centro di Educazione Ebraica Contemporanea – Cdec. “Per noi è una rivoluzione copernicana”, racconta il direttore della Fondazione Cdec Gadi Luzzatto Voghera. Per Milano un’opportunità per avere nel suo cuore pulsante un luogo dove formare le future generazioni a non ricadere nel rumoroso suono dell’indifferenza.

Daniel Reichel