Saper scegliere le parole

Una modesta proposta: discorrere della vita di Liliana Segre limitandola alla sola storia dell’Olocausto potrebbe equivalere a darla vinta agli antisemiti. Non più lauree honoris causa per le Scienze della Pace in quanto – absit iniuria verbis non le capisco appieno. La senatrice non è una semplice irenista (ma questo lo insegna Amartya Sen) bensì una donna benemerita che invita a costruire rapporti positivi in seno al corpo sociale. Passiamo dalla retorica ai fatti e vediamo di attribuirle la laurea honoris causa in Lettere. L’ho ascoltata in un’intervista televisiva e sono rimasto deliziato dal suo italiano, fatto di: a) scelta dolce e naturale delle parole giuste, b) periodi perfetti ed eleganti, c) un tocco d’antan che ne accresce vieppiù il fascino, perché non si possono mandare in soffitta le parole, seguendo i capricci del momento. Sarebbe un bene che le scolaresche facessero attenzione a ciò che dice e, al contempo, a come lo dice. Così acquisirebbero definitiva contezza che la senatrice potrebbe stimolarle a recuperare un italiano bello da sentirsi, fatto di periodi dove le parole non s’urtano fra di loro ma, anziché tollerarsi, si vogliono bene.
Luce Fontaine-De Visscher diceva che la questione del linguaggio è la questione filosofica, perché il linguaggio è tutto. Questa constatazione è pressoché una banalità, dacché si consideri che se il nucleo della filosofia inerisce al confronto con la realtà, a quest’ultima si può addivenire per il solo tramite delle parole, nei cui confronti un profano come chi scrive, quando vuole sbagliare, potrebbe pensare che la fungibilità costituisca la deroga anziché la regola. Nanni Moretti nel film “Palombella Rossa” del 1989 quando la sua intervistatrice gli attribuiva le parole “trend negativo” negava di averle dette e replicava: “chi parla male, pensa male e vive male. Bisogna trovare le parole giuste: le parole sono importanti!» Trentadue anni dopo, leggo in un grandissimo quotidiano: “continua il trend negativo”. Nanni, suo malgrado, ha arato sull’acqua. Lui, invece, sa come parlare. Suo padre, Luigi Moretti, è stato Ordinario di Epigrafia e Antichità Greche e, dalla Treccani, emerge che “nella sua attività didattica, sempre molto apprezzata, sapeva unire l’alta qualità dei contenuti a un’estrema chiarezza ed essenzialità nell’esposizione e a una eccezionale capacità comunicativa” (Maria Letizia Lazzarini – Dizionario Biografico degli Italiani – Volume 76, 2012). La sorella di Nanni, Silvia, è impegnata nell’editoria ed il fratello Franco è professore emerito di letterature comparate all’Università di Stanford, in California. Dall’opera di quest’ultimo, Il romanzo di formazione (Einaudi, 1999) traspaiono i legami con la famiglia; forse il Bildungsroman potrebbe formare anche i nostri giovani, vittime dei problemi e travagli delle scuole.
Perché si può essere splendidi autodidatti ma, se contano i maestri, conta pure la famiglia che, anche nella senatrice ha lasciato una notevole impronta. Ascoltando il suo bell’italiano, i nostri giovani troveranno un libro generosamente aperto sulla corretta e scorrevole comunicazione.

Emanuele Calò, giurista