Ullah

Sono stati gli uomini delle Ferrovie dello Stato a ritrovare il suo corpo sui binari vicino a Salbertrand in Val di Susa, qualche giorno fa. Aveva quindici anni ed è morto travolto da un treno che non ha sentito arrivare, probabilmente perché distrutto dalla stanchezza dopo mesi di interminabili spostamenti a piedi lungo le linee ferroviarie. Si chiamava Ullah Rezwan Sheyzard; veniva dall’Afghanistan ed era diretto a Parigi. Per cercare lavoro e inviare soldi alla sua famiglia era partito da casa nel giugno scorso, circa due mesi prima del ritorno al potere dei Talebani. L’aiuto indispensabile di un passeur era costato ben 6000 dollari, ma a suo giudizio i sacrifici fatti per sborsarli erano utili, dato che un salario europeo vale circa dieci volte un salario del suo paese e l’importo che avrebbe potuto mandare ai suoi avrebbe rappresentato un sostegno tangibile. Un viaggio epico attraverso Afghanistan, Pakistan, Iraq, Turchia, Bulgaria, Serbia, Croazia, Slovenia, Italia. Quasi sempre a piedi, perché i trasporti costano; adesso poi se non hai il Green Pass non ti lasciano salire a bordo, e come può essere vaccinato un giovane profugo afgano senza documenti? Un itinerario smisurato che si è purtroppo interrotto per sempre all’ultima o penultima tappa. Passato il confine sloveno, Ullah si era fermato per qualche tempo in Friuli, prima ospite della cooperativa Aedis di Udine, poi della comunità Bosco di Museis a Cercivento. Lì avevano cercato di convincerlo a interrompere il suo percorso, a imparare la nostra lingua e a tentare la fortuna da noi. Ma non c’era stato niente da fare: la sua meta era e restava la Francia, dove ottenere l’appoggio di alcuni connazionali che gli erano stati indicati. E così dopo un po’ si era rimesso in cammino, indefettibile e ostinato, verso l’obiettivo prefisso. Doveva essere il sostegno della sua famiglia, non poteva venire meno al suo compito.
Storie emblematiche come quella di Ullah, esempio di precarietà e di dignità, provocano tristezza per il finale amaro che tutto vanifica, per l’ingiustizia che regna sovrana nel mondo rendendo possibili situazioni così abnormi. Ma ci riconciliano con l’uomo, o meglio con i quindicenni orgogliosi come lui. Migrante in cerca di futuro e baluardo per la famiglia lontana, il giovane Ullah è nostro fratello: perché “stranieri” fummo “in terra d’Egitto” e da sempre ben conosciamo l’amore profondo per la famiglia e la ricerca forzata di nuovi approdi.
David Sorani