Meraviglie da condividere
Sasa sorge sul confine libanese. Eravamo convinti, dopo 40 anni di camminate, gite e trek sulle colline della Galilea, di conoscere ogni angolo di questo pezzetto d’Israele. Ma viviamo nel Paese forse più dinamico del mondo e ogni anno, come i ciclamini in primavera, spuntano nuovi siti da visitare per rincorrersi con i bambini, per rilassarsi davanti a un panorama incantato o soffermarsi per un momento romantico davanti a un tramonto. Basta avventurarsi per scoprire nuovi stupendi punti di ritrovo.
Questa volta ci siamo imbattuti nei punti più belli della montagna, lungo il pendio, nei siti creati per commemorare i nostri soldati caduti nelle guerre. Lungo la strada che conduce da Rosh HaNikra a Kiriat Shmona, il cuore si riempie di tristezza e rabbia creando una dissonanza profonda tra lo stupore risvegliato dal verde di alberi rigogliosi, dalla vista della Valle della Hula e dalla maestosità del Monte Hermon. Erano ragazzi di 18, 20, 22 anni: giovani padri di bimbi non ancora conosciuti: Yuval era un ufficiale, un esempio per tutti – Yoav era membro del Bne’ Akiva, si era voluto arruolare nelle forze combattenti malgrado fosse destinato all’Intelligence, David, membro di un kibbutz dell’Hashomer Hatzair aveva 17 anni quando entrò nelle file del Palmach e Avremik era sopravvissuto a Auschwitz, era arrivato in Palestina con l’Alyat HaNoar, l’istituzione creata da Henrietta Szold per raccogliere gli orfani della Shoah e cadde nella battaglia per liberare Nebi Yusha, la fortezza che gli inglesi lasciarono in mano agli arabi dalla quale incessantemente aggredivano e sparavano sugli abitanti dei kibbutzim e moshavim circostanti. Oggi è chiamata Mezudat Koach – Fortezza della Forza e le lettere Kaf e Het in gematria valgono 28, il numero dei ragazzi che persero la vita nelle tre terribili battaglie per la conquista della fortezza.
Ogni dieci, quindici km, in un punto panoramico mozzafiato, i monumenti commemorativi narrano la storia dal 1948, dalla guerra d’Indipendenza, a quella del Libano. Immersi in un tripudio di mandorli in fiore, di colibrì che ondeggiano da un ramo all’altro con intorno alberi, alberi, tanti alberi: pini, cipressi, cedri, ulivi, carrubi, querce, piantati con fervore e con amore, dall’alto di un pillbox, una delle torrette di controllo costruite dagli inglesi durante il mandato britannico, trasformati in belvedere, ascoltiamo la voce dei familiari che erompe da una piccola colonnina, madri, sorelle, che raccontano dei loro cari, descrivendo la loro umiltà, il coraggio, la determinazione, l’amore per la la loro terra. Ottanta anni fa qui intorno non c’era nulla, poche case di pietra, molte capre e molta malaria. Abbiamo ricevuto tutte queste meraviglie di D. su un piatto d’argento, come scrisse il poeta Nathan Alterman, e rinnoviamo giorno dopo giorno il nostro invito a condividerle con chiunque desideri mettere fine a guerre e dolori.
Angelica Edna Calò Livne
(13 febbraio 2022)