Tottenham, i tifosi non ci stanno:
“Siamo e restiamo la Yid Army”

Yid Army, un’espressione che non s’ha più da usare. Era la richiesta, inedita e in parte spiazzante, che i tifosi del Tottenham si son visti rivolgere negli scorsi giorni dalla dirigenza del club. Niente più Yid Army nei cori, negli striscioni, in ogni altra sfumatura della propria passione. E questo, si sosteneva in una nota ufficiale che ha dato di che discutere, perché tale associazione con il mondo ebraico, ormai pluridecennale e nata con un’accezione solo positiva, avrebbe finito per alimentare il veleno dell’antisemitismo dentro e fuori gli stadi e pregiudicato la possibilità di “creare un ambiente accogliente che abbracci tutti i nostri fan”. La risposta dei sostenitori degli Spurs, uno dei più gloriosi club inglesi, è stata tranchant: durante il match casalingo con il Wolverhampton i primi cori in cui è risuonata la parola Yid non sono tardati ad arrivare. Appena tre minuti, secondo alcuni addirittura meno, dopo il fischio d’inizio.
Il dibattito resta aperto. John Mann, Consigliere del governo inglese sull’antisemitismo, si è complimentato con il Tottenham per l’iniziativa “audace e importante” volta a contrastare ogni forma di strumentalità. Ma non pochi, anche nel mondo ebraico, hanno espresso riserve e perplessità. Come Shaul Behr, un rabbino ortodosso tifosissimo degli Spurs, che firma un articolo sull’Independent per ricordare che non è il termine in sé ad essere offensivo, ma il contesto in cui lo si usa. “Per favore, non fermate i canti. Lasciate che la Yid Army ruggisca ancora!”, il suo appello. A suo dire la stragrande maggioranza degli ebrei inglesi non avrebbe nessun problema con queste ostentazioni identitarie (in parte fondate e in parte leggendarie). Anzi, sarebbe ben lieta di preservare quella che è ormai una tradizione.