Ticketless – Sette pensieri
Torno sul Giorno del Ricordo, perché quanto si è visto e letto negli ultimi giorni rende evidente la crisi drammatica della nostra memoria collettiva, giunta a un punto di degrado pari alla crisi politica vista in occasione dell’elezione quirinalizia. Raduno per brevità qualche osservazione sparsa. 1) Il ritorno dello scontro ideologico, dall’una e dall’altra parte, rischia di cancellare i passi avanti che si sono fatti e vedremo a breve con Gorizia e Nova Gorica capitali europee della cultura. 2) Passi avanti si sono visti nel mondo della cultura, ma nessuno se ne accorge sui media: valgano le parole di Stefan Cok (riascoltabili nella puntata di Fahrenheit del 9 febbraio scorso) e l’antologia di racconti di giovani triestini e sloveni insieme per raccontare la loro storia famigliare vista da due angolature diverse. 3) La difficoltà delle parti di uscire dalle barricate e disporsi ad ascoltare la voce altrui secondo una logica da anni Settanta, ormai polverosa ancorché nobile nel suo fine di rivalutare l’antifascismo. 4) impressionante il silenzio su Fulvio Tomizza e su due capolavori come Materada e La città di Myriam, dove la tragedia dell’esodo istriano combacia con la persecuzione antisemita senza cadere in assurde semplificazioni. 5) La miopia dei politici – e di molti osservatori – nel comprendere i tempi scolastici: essendo 27 gennaio e 10 febbraio divisi da due settimane soltanto, anche al migliore dei docenti riesce impossibile evitare l’infausta comparazione foibe-Shoah (ma questo è un problema politico, legato alla stramba idea di calendario civile inaugurato dalla nostra classe dirigente all’alba del terzo millennio) 6) la quale comparazione con la Shoah, per onestà intellettuale, come la si condanna oggi nelle collane editoriale devote al principio del fact checking, così la si sarebbe dovuta condannare quando, storici anche bravi, dello stesso paragone si sono serviti per condannare, faccio per dire, l’uso dei gas di Graziani in Libia. 7) In un punto specifico la memoria delle foibe e la memoria dell’antisemitismo sono unite da uno stretto legame e dovrebbero solidarizzare fra loro: il silenzio che ha avvolto l’una e l’altra fino alla seconda metà degli anni Ottanta. Fanno fede i manuali di storia del 900, muti di fronte al 1938 quanto di fronte alle foibe. Parlo di manuali in uso negli istituti superiori su cui io stesso ho studiato e non sto a nominare per carità di patria.
Alberto Cavaglion