Anno embolismico
e ricerca dell’equilibrio

Quest’anno ebraico è embolismico (shanah me’ubberet), comprende cioè tredici mesi. La Halakhah prevede, come è scritto già nella Mishnah (Meghillah 1,5), che a fronte dei due mesi di Adar si festeggi Purim nel secondo. I Talmudim danno diverse ragioni per questo. La più nota è che si vuole così “accostare fra loro il più possibile le due liberazioni” (B. Meghillah 6b): quella di Purim dai Persiani, appunto, e quella di Pessach dagli Egiziani. Ma non è questo l’unico motivo.
Il problema è connesso con un’altra domanda inerente al racconto della Meghillat Ester. Haman volle fortemente che la sorte per la distruzione degli ebrei cadesse sul mese di Adar (cfr. Ester, 3, 7). Perché? I commentatori danno almeno tre spiegazioni diverse. 1) Il 7 Adar è morto Moshe Rabbenu e dunque Haman pensava che si trattasse di un mese nefasto per gli ebrei, ma forse non sapeva che quello era anche il suo compleanno (Ibn Ezra). 2) Secondo le presunzioni dell’antica astrologia, di cui Haman era esperto, la congiunzione astrale favorevole di un certo mese si esaurisce prima che ritorni lo stesso mese nell’anno successivo: in pratica dopo undici mesi. Dal momento che a Nissan gli ebrei sono stati liberati dall’Egitto, ragionò, Adar sarebbe stato il mese più conveniente per il loro sterminio. H. assecondò questa sua idea di procrastinare al massimo l’appuntamento per dar tempo al popolo ebraico di fare Teshuvah (Ibn Ezra). 3) Al mese di Adar è legata la costellazione dei Pesci e Haman pensava che avrebbe inghiottito il popolo ebraico proprio come fa un pesce: non si rese conto che anche fra i pesci vi è sì chi inghiotte, ma anche chi viene inghiottito (Ester Rabbà 7, 11; Targum Shenì).
Queste tre spiegazioni sono tutte fondate sull’astrologia. C’è peraltro una diversa scuola di pensiero, secondo cui l’Adar della Meghillah era in realtà proprio Adar Shenì di un anno embolismico. Così R. Levì motivava il precetto di celebrare Purim nel secondo Adar in questi anni (Yer. Maghillah 1, 5). Anche qui intervengono motivi astrologici. Haman era convinto che gli ebrei fossero straordinariamente potenti, sì da conquistare le altre nazioni, perché esercitano la magia. Avrebbe scelto Adar Shenì per distruggerli proprio perché il tredicesimo mese non è legato ad alcuna costellazione. Non si rese conto che proprio per questo motivo esso era soggetto alla diretta protezione divina e così si trasformò da mese dello sterminio degli ebrei a mese propizio per la loro liberazione (R. Yonatan Eibeschuetz, Ya’arot Devàsh, n. 3; Chidà di Livorno, Devàsh le-fì, a nome di R. Efrayim; Benè Issakhar, Adar, 2, 11; 4, 11).
Non sono queste le uniche fonti che interpretano la Meghillat Ester e la sua vicenda in chiave anti-astrologica. Tale lettura trova ampio sviluppo nel Medioevo. Commentando le parole di Zeresh allorché rimbrotta suo marito Haman e gli dice: “se Mordekhay appartiene alla schiatta degli ebrei e hai cominciato a rovinare davanti a lui non ce la farai: precipiterai davanti a lui” (7, 13), Rashì spiega che gli ebrei costituivano una potenza astrale e, nella percezione della donna, erano in grado di sovvertire inesorabilmente le costellazioni (cfr. Gaon di Vilna ad loc.; Shabbat 156a). Ma chi più di ogni altro fornisce di tutta la Meghillah una ricostruzione coerente come allegoria astrologica è forse R. Bachyè ben Asher di Saragozza (Kad ha-Qemach, s.v. Purim). Egli scrive che i quattro personaggi principali della vicenda, due positivi e due negativi, impersonano altrettanti pianeti, ciascuno con il proprio colore. Achashverosh e Haman sono rispettivamente Saturno e Marte, due astri aggressivi e bellicosi. Il colore di Achashverosh-Saturno è il nero (il suo nome è costruito sulle tre lettere radicali di shachòr, “nero”; cfr. Meghillah 11a), mentre quello di Haman-Marte è il rosso del sangue di cui era assetato. Sul fronte della difensiva e del bene emergono Mordekhay-Venere, dal colore azzurro (tekhelet; cfr. Ester 9, 15) e Ester-Giove, di cui il Talmud dice che era “verdognola” (Meghillah 13a, come il mirto di cui portava il nome: Hadassah): due colori “pacifici”. A dominare l’intera vicenda, scrive R. Bachyè, a dispetto di qualsiasi congiunzione astrale è tuttavia il S.B. Egli manda “in pensione” costellazioni e pianeti, garantendo il trionfo del bene morale a dispetto di qualsiasi considerazione di ordine differente. Il Suo Nome non è mai presente per esteso nella Meghillah, come è noto, per dar modo all’astrologia di esplicarsi fino a determinare il proprio decadimento. Come e più degli stessi nemici fisici degli Ebrei. Quando la regina formula il suo famoso invito che deciderà le “sorti” della storia: “Venga il re con Haman oggi…” (Ester 5,4), le iniziali delle quattro parole ebraiche di questa frase formano il Nome Tetragrammato di D.
L’istituzione stessa dell’anno embolismico ha, nel pensiero dei cabalisti, analogo significato. Essa mira ad armonizzare fra loro il principio dell’anno lunare di 354 giorni con quello solare di 365 che regola la successione delle festività. Se non vogliamo trovarci nel giro di pochi anni a celebrare Pessach, che la Torah chiama “festa della primavera” (Devarim 16, 1), in pieno inverno, dobbiamo aggiungere un tredicesimo mese sette volte ogni diciannove anni. Il ritrovamento dell’equilibrio a livello cosmico diviene il simbolo di un processo analogo fra di noi sulla terra. Non nel segno dell’astrologia, ma sotto l’Autorità suprema dell’Uno che di tutto si fa Garante.

Rav Alberto Moshe Somekh

(23 febbraio 2022)