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Una presenza inosservata

Esce nella bella collana del Centro di Studi Ebraici, coordinata da Giancarlo Lacerenza per l’Università di Napoli Orientale, un importante volume destinato secondo me a segnare una svolta nella medievistica ebraica. Spero potrà ottenere dagli specialisti l’attenzione che io non posso per incompetenza offrire. Posso limitarmi a segnalarlo e a fare una marginale osservazione.
Lo ha scritto Stefano Palmieri e s’intitola “Cristiani ed Ebrei nell’Italia meridionale tra antichità e medioevo”. Si tratta del frutto di una pluridecennale fatica, anticipata in alcuni saggi e ora risistemata in veste elegante e compiuta per la UniorPress di Napoli. Palmieri non insegue lo scoop, non lavora su ipotesi fantasiose o congetture. Critica le (poche) fonti esistenti e su queste insiste con prudenza e rigore, ciò che lo contraddistingue da molto tempo e ne rende apprezzabili gli studi. Le due parole-chiave della sua ricerca sono: “Popolamento ebraico” e “presenza inosservata”. Nel primo caso l’analisi quantitativa e qualitativa punta l’obiettivo sullo Stato nelle Calabrie (primo capitolo), sull’Italia longobarda (secondo capitolo) e sui ducati bizantini (terzo capitolo), per chiudersi con uno sguardo riepilogativo sull’età altomedievale. “Popolamento ebraico” accertato solo nei casi in cui le fonti consentono di accertarlo. Nulla si lascia all’immaginazione o al disvelamento di cbhissà quale arcano. Si chiude con due paragrafi apparentemente eccentrici sull’antigiudaismo letterario napolitano e cassinese e infine sull’emarginazione normanna degli ebrei.
L’Italia ebraica nel sud d’Italia affascina oggi il visitatore, che sulla scorta di questo prezioso volume vedrà appagate molte sue curiosità per esempio su luoghi poco conosciuti (Amalfi e Gaeta, soprattutto molta Puglia e terre salernitane). Qui entra in gioco la seconda parola-chiave: “presenza inosservata”, da Palmieri coniata per Benevento, ma esportabile in tutto il Meridione. La parola vale come canone di interpretazione storiografica, ma valga per il lettore comune e il visitatore disinteressato se ne serva come un invito ad aprire gli occhi, a perlustrare quell’Eden paesaggistico aguzzando gli occhi così da rendere osservabile ciò che per troppi secoli è rimasto inosservato.

Alberto Cavaglion

(23 febbraio 2022)