Un santuario in miniatura e uno telefonico
Su quattro ore del convegno di domenica scorsa, dal titolo “Un santuario in miniatura”, per celebrare i 50 anni del Tempio piccolo di Torino sono stati dedicati alle donne circa 5-10 minuti, due o tre dei quali utilizzati per spiegare che in un momento successivo alla costruzione originaria sono state aggiunte le mehitzot, le barriere che separano le donne dagli uomini. È stata giustamente lodata la bellezza bet hakeneset, che in effetti è un vero gioiello, una sapiente mescolanza di antico e di nuovo; è stata messa in evidenza la sua funzionalità, l’originale struttura ad anfiteatro, con i banchi digradanti verso il centro, che offre a tutti una buona visibilità (a tutti i maschi, s’intende), l’ampia disponibilità di spazi per riporre gli oggetti (presenti quasi esclusivamente nei posti maschili) e di appoggi comodi per i libri (le donne li tengono sulle ginocchia).
L’interessantissimo intervento di David Cassuto ha illustrato il contenuto e il significato storico e simbolico degli arredi provenienti dall’antica sinagoga di Chieri: strutture e immagini molto suggestive che noi donne possiamo contemplare liberamente se portiamo qualcuno a visitare il bet hakeneset in un momento in cui non è utilizzato. Insomma, chi ha progettato e costruito la sinagoga nel 1970 ha immaginato una presenza femminile minoritaria e distratta; e chi ne ha discusso nel 2022 a quanto pare non ha ritenuto di dover mettere in dubbio o per lo meno analizzare questa visione. Sia ben chiaro, io – come molti ebrei torinesi – sono fierissima del nostro bet hakeneset, che in effetti è forse uno dei più belli e funzionali che abbia mai visto. E proprio perché mi piace molto attendo fiduciosa il giorno in cui gli spazi saranno suddivisi in modo più equo e potrò contemplarlo durante le tefillot da una posizione meno defilata.
Fortunatamente le donne ebree torinesi compensano lo spazio reale con un luogo di confronto virtuale: un gruppo whatsapp in cui ogni venerdì si riflette e si discute sulla parashà settimanale a partire da un breve video preparato da una di noi. Altri video sono prodotti in alcune occasioni particolari (feste, conteggio dell’Omer, ecc.). Interventi di persone diversissime per età, livello di osservanza, formazione, conoscenza dell’ebraico e molto altro e a mio parere proprio questo è il punto di forza di questo gruppo, attivo già da più di due anni, e quindi giunto ormai al suo terzo giro della Torah. Posso affermare in tutta sincerità di non aver mai sentito in quasi due anni e mezzo un intervento che non fosse interessante e stimolante. Il gruppo conta attualmente 103 partecipanti: un numero non da poco in una piccola realtà come quella torinese. Questo significa che le donne ebree torinesi non sono poi così distratte e disinteressate come probabilmente credeva chi ha progettato il bet hakenest, oppure dimostra che le donne non hanno bisogno di uno spazio reale perché si trovano benissimo in uno spazio virtuale-telefonico? Domanda difficile, a cui peraltro non è necessario rispondere: in effetti non si tratta di scegliere tra uno spazio reale e uno virtuale ma di ragionare su come poter fruire di entrambi nel modo migliore. Uno spunto per un futuro convegno.
Anna Segre