Pace

Proclamarsi a favore della pace e contro la guerra è semplice e non costa niente. Chi potrebbe non essere d’accordo? Ma cosa significa in questo contesto specifico? Manifestare solidarietà all’Ucraina oppure chiederle di accettare le imposizioni russe per non rischiare di gettare il mondo in una nuova guerra mondiale? O, paradossalmente, le due cose insieme? Nel corso dell’ultima settimana ho avuto più volte l’impressione che molti, anche tra coloro che sono scesi in piazza a manifestare per la pace, avessero su questo punto, cioè su cosa si debba fare concretamente per risolvere la crisi in corso, opinioni diversificate e a volte anche contraddittorie. C’è chi ostenta i colori della bandiera ucraina e contemporaneamente dichiara che si dovrebbe manifestare contro il coinvolgimento dell’Italia, che mi pare esattamente il contrario di ciò che l’Ucraina chiede. Curiosamente la quasi unanimità con cui si sono espressi il nostro parlamento (che noi stessi abbiamo eletto), e l’Unione Europea, nonché la maggioranza schiacciante dell’Assemblea Generale dell’Onu, talvolta non sembra trovare riscontro nei discorsi che si sentono in giro: c’è chi teme per la nostra incolumità e chi per i prezzi di luce e gas. Qualcuno dice che la guerra è sbagliata sempre e comunque, rifiutandosi di distinguere tra aggressori e aggrediti. C’è chi si compiace di dichiararsi neutrale affermando che la ragione non sta mai tutta da una parte e il torto tutto dall’altra e che non si può mai distinguere nettamente tra i buoni e i cattivi. Noi ebrei dovremmo sapere più di chiunque altro che anche questo è un luogo comune, valido forse in parte in questo caso ma non certo valido sempre e comunque. E noi ebrei più di chiunque altro dovremmo sapere che ci sono momenti nella storia in cui non si può fare a meno di scegliere da che parte stare. Ci troviamo in uno di quei momenti? La stragrande maggioranza del nostro parlamento ritiene di sì, e tutto sommato suppongo che lo creda anche la stragrande maggioranza dei cittadini che lo hanno eletto: una maggioranza che tende a far sentire poco la propria voce, come è accaduto per i vaccini e in molti altri casi. Credo che siano davvero in pochi a negare agli ucraini il diritto di difendersi, anche se c’è un po’ di reticenza a dirlo chiaramente perché di questi tempi è più facile parlare di pace che di resistenza.
Tutto sommato è un bene che la pace sia un valore largamente condiviso: non è scontato e non è sempre stato così. Meglio invocare la pace in modo ingenuo e contraddittorio che non invocarla affatto.

Anna Segre

(4 marzo 2022)