L’umiltà del leader

La caratteristica del primo versetto della nostra parashà è quella di avere la sua prima parola “waiqrà” con la alef finale più piccola rispetto al resto delle altre lettere.
Il Ba’al ha turim (Rabbì Ya’aqov ben Asher 1269 Colonia – 1343 Toledo) commenta dicendo che è a causa dell’umiltà di Moshè, il quale non volendo mettere in risalto la sua persona per essere in continuo contatto con D-o, voleva scrivere “vaiqer” che significa “capitare, incontrare”, quindi rapportarsi con la divinità in modo più vicino agli uomini qualsiasi.
Il Ba’al ha turim spiega che fu proprio D-o a comandargli di scrivere la lettera alef, questo per mostrare che tra loro si parlavano bocca a bocca, proprio come ci si parla tra esseri umani.
Moshè allora, obbedendo al comando di D-o aggiunge la alef al resto della parola, ma per umiltà la scrive più piccola delle altre lettere.
Spiega il Rav che quando una persona viene designata come leader o come maestro o come condottiero, deve sempre agire con umiltà nei confronti di coloro che sono suoi sudditi. Deve scendere alla loro stregua e rivolgersi a loro parlando la stessa lingua, ma soprattutto facendosi comprendere da tutti.
Solo così potrà acquisire la fiducia necessaria che gli permetterà di governare.

Rav Alberto Sermoneta, rabbino capo di Bologna