Ucraina, non c’è tregua

Il primo faccia a faccia in Turchia fra i ministri degli Esteri russo e ucraino si è chiuso senza nessuna intesa. Il primo è arrivato a negare l’invasione stessa (Giornale). E intanto i bombardamenti russi hanno continuato a distruggere e mietere vittime. A Mariupol, dopo l’ospedale pediatrico, ieri sono state colpiti l’università, la centrale dei servizi di emergenza e altri quartieri civili, riporta il Corriere della Sera. Il suo corrispondente Andrea Nicastro racconta di una “città-mattatoio dove i morti non si seppelliscono, ma si abbandonano sui marciapiede, il più lontano possibile dai palazzi, per non sentirne l’odore”.

Mosca e l’uso di armi non convenzionali. In questo conflitto sempre più tragico, con due milioni di persone fuggite dall’Ucraina, si teme che la Russia alzi ulteriormente il tiro e utilizzi armi chimiche o biologiche. Mosca “ha una storia lunga di attacchi chimici, che va dall’avvelenamento del dissidente Aleksej Navalny al sostegno del dittatore Bashar al-Assad in Siria”, ricorda il Corriere. E ora, come han evidenziato la portavoce della Casa Bianca Jen Psald e il Premier britannico Boris Johnson, il Cremlino potrebbe farne uso in Ucraina per spezzare la resistenza locale. Resistenza, racconta la corrispondente de La Stampa Francesca Mannocchi, che ha stupito tutti e che si fonda su un processo iniziato dopo il 2014. Mannocchi racconta la rifondazione dell’esercito e la scelta di migliaia di ucraini di arruolarsi nelle Unità di Difesa Territoriale, che ora si preparano a difendere Kiev.

Aprire la porta Ue a Kiev. “Per 77 anni a partire dal 1945 una serie di personaggi europei sono stati paragonati ad Adolf Hitler. Per 77 anni si è trattato di un’iperbole insostenibile. – scrive Timothy Garton Ash su Repubblica -. Adesso, applicato a Vladimir Putin, il paragone sembra per la prima volta appropriato. Non ancora all’Hitler dell’Olocausto, ma all’Hitler che nel 1939 invadeva la Polonia”. Sulla base di queste considerazioni e della minaccia incarnata da Putin per le democrazie occidentali, l’analista britannico sostiene che l’Europa debba fare un passo ulteriore verso l’Ucraina e accoglierla tra i paesi dell’Unione.

Accogliere chi fugge. Polonia, Romania, Moldova e Ungheria sono il primo luogo di accoglienza per oltre due milioni di persone in fuga dalla guerra in Ucraina. In questi paesi l’Agenzia ebraica ha mandato i suoi rappresentanti per aiutare migliaia di profughi che guardano a Israele come ultimo rifugio, scrive su Repubblica Rossella Tercatin. Si parla di 50 fino a 200mila ucraini che, sulla base della “Legge del Ritorno”, possono ottenere la cittadinanza israeliana. E il governo di Gerusalemme prevede che anche dalla Russia, segnata dalle sanzioni e dalla crisi economica, ci saranno nuovi arrivi. Le stime per il momento, riporta Tercatin, parlano di 100mila persone in arrivo in Israele sia da Ucraina che dalla Russia. Al di fuori della cornice della Legge del Ritorno, intanto, il ministero dell’interno israeliano ha previsto di concedere 25mila permessi di soggiorno a cittadini ucraini.

La guerra vista da Israele. “Provo un misto di rassegnazione, frustrazione e vergogna”, così lo scrittore israelo-americano Yossi Klein Halevi descrive al Foglio i suoi sentimenti rispetto al conflitto in corso in Ucraina. Secondo Halevi, Israele può fare poco in questa crisi anche se potrebbe trovarsi in una situazione simile. Ha dovuto, spiega l’intellettuale, scegliere il compromesso, pur condannando l’azione russa. “Se rompessimo con Vladimir Putin, la prenderebbe sul personale. Prende tutto sul personale. Proteggerebbe le basi iraniane con i missili russi. E inizierebbe a trattarci come un nemico. Questa è la paura nella comunità di intelligence israeliana oggi sull’Ucraina. Nathan Sharansky ha scritto che l’occidente ha consentito alla Russia di prendersi la Siria e ora l’occidente è arrabbiato con noi perché non mostriamo il coraggio che l’occidente non ha mostrato. Israele non è impressionato dall’occidente e ci rifiutiamo di essere giudicati da loro”.

Disegnare l’orrore della guerra. Il Musée d’Art et d’Histoire du Judaïsme (mahJ) espone The Parade, la serie di illustrazioni creata dal disegnatore Si Lewen (1918-2016) nel 1950 e incentrata sull’orrore della guerra e su quello inesprimibile della Shoah. “The Parade – scrisse Albert Einstein – ha il merito di combattere le tendenze bellicose con i mezzi dell’arte. Né le descrizioni concrete, né i discorsi intellettuali possono eguagliare l’effetto psicologico della vera arte”. Una nuova edizione del lavoro di Lewen è uscita nel 2016 ed è stata curata da Art Spiegelman, che ne parla al Venerdì di Repubblica. “Lewen – spiega Spiegelman – ha di fatto creato un ponte tra il mondo delle storie fatte d’immagini, e quindi l’universo del fumetto, e il mondo dell’arte, due ambiti spesso considerati separati e contrapposti”.

Daniel Reichel