“Niente finale olimpica,
scelgo lo Shabbat”

Partecipare a una finale olimpica, un sogno lungamente inseguito e finalmente a portata di mano. Oppure rispettare lo Shabbat, il giorno più sacro della settimana ebraica. Quello in cui ogni attività lavorativa è sospesa.
Davanti a questo bivio Sheina Vaspi, la prima sciatrice paralimpica nella storia d’Israele, non ha avuto dubbi. Con un velo di tristezza – “perché per arrivare qui mi sono allenata duramente” – ma senza riserve ha fatto sapere agli organizzatori delle Paralimpiadi di Pechino di non contarla tra le partenti dello slalom speciale. Ci sono cose che non si toccano e tra queste, ha fatto capire l’atleta, che è affiliata al movimento Chabad, c’è l’ebraismo.
Vaspi era arrivata a Pechino con una data cerchiata di rosso: domenica 13 marzo. Quella la data ufficiale della prova, anticipata però all’ultimo al sabato a causa di significative turbolenze atmosferiche imminenti. Un vero e proprio fulmine a ciel sereno per lei, per i suoi fan e per la federazione. “Naturalmente sono molto triste. Ma forse è un segno dall’Alto” ha affermato la sciatrice, che ha perso una gamba in un incidente stradale all’età di 10 anni.
Oggi ne ha venti e, malgrado la giovane età, ha già fatto la storia. Venerdì è infatti stata in gara nello slalom gigante, piazzandosi al quindicesimo posto della graduatoria: un esordio più che promettente. “Rappresentare il mio Paese al meglio è fondamentale. Soprattutto perché non ho fatto l’esercito”, le parole di Vaspi al traguardo. La sua dedica è andata al nonno e allo zio, entrambi morti in una delle guerre combattute per l’indipendenza e la difesa dei propri confini. La scelta di Vaspi, che gareggia con una gonna sopra la tuta nel segno del principio ebraico della “tzniut” (modestia), ha suscitato grande attenzione anche a livello mediatico. “An Israeli Skier Shines, but Does Not Compromise, at the Paralympics”, ha scritto di lei il New York Times.