Il dossier “Libia” su Pagine Ebraiche
La Storia e le ferite da ricucire
Si dice spesso che l’Italia non sappia né voglia fare i conti, almeno in modo non superficiale, con il passato. Un problema non nuovo ma che ha trovato sempre nuove strade per manifestarsi e ripresentarsi all’attenzione del pubblico, anche durante questi due anni di pandemia.
Emerge in questo senso una storia poco conosciuta all’esterno del perimetro di una comunità caparbia e resiliente: si tratta del destino subito dagli ebrei di Libia con l’entrata in vigore delle leggi razziste e il dipanarsi, fino alle estreme conseguenze, della persecuzione antisemita.
Da tempo ormai si danno per acquisite le dinamiche politiche e intimidatorie che portarono al loro esilio definitivo, negli Anni Sessanta del secolo scorso, nel segno di pogrom e violenze di altra matrice, quella araba, esasperatesi ulteriormente dopo la disfatta nella Guerra dei Sei Giorni contro Israele. Pochi però hanno guardato più indietro per cercare di capire cosa accadde sotto il fascismo e quali furono le conseguenze di una deriva ostile che privò gli ebrei libici prima dei più elementari diritti e poi, in un numero importante di casi, anche delle vite. Un vulnus non solo storico e morale, ma delle conseguenze anche assai pratiche come raccontiamo nelle pagine del dossier “Libia” su Pagine Ebraiche di marzo in distribuzione che si propone di fare il punto su vari aspetti. Rivelatore è il caso delle benemerenze negate da uno Stato, l’Italia, che in questo ambito ha mostrato a lungo il suo volto più cinico e inquietante. Fino almeno a un recente pronunciamento della Corte dei Conti che sembra dare il senso di un cambio di rotta che fa finalmente onore alla giurisprudenza. Un nuovo punto di partenza che è anche l’esito, come si spiega nel dossier, di uno sforzo per la verità e la giustizia promosso dall’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane e dai familiari delle vittime.
Lo scorso 27 gennaio, Giorno della Memoria, ha rappresentato un’occasione storica per riappropriarsi e tornare a riflettere, come si deve, su questi fatti. Merito dell’Astrel, l’Associazione Salvaguardia Trasmissione Retaggio Ebrei di Libia, che si è spesa affinché fosse organizzata una cerimonia al cimitero del Verano a Roma. La prima mai tenutasi in Europa per far sì che nessun nome e nessun luogo sia mai dimenticato. Come è stato raccontato durante l’evento nel solo campo di concentramento di Giado, realizzato dai fascisti, morirono 562 prigionieri ebrei originari della Cirenaica. “Eppure oggi non li ricorda quasi nessuno” dice David Gerbi, psicanalista e presidente di Astrel. Una deriva, prosegue, “cui dobbiamo opporci con forza, facendo memoria di quel che accadde e manifestando, con queste azioni, il nostro rifiuto dell’indifferenza”. Una svolta di consapevolezza che si intreccia anche all’impegno di racconto e testimonianza relativo all’impatto vivificante, per tutto l’ebraismo italiano e soprattutto per quello romano, di questa comunità.
È affascinante e commovente il mosaico che ogni lunedì Gerbi arricchisce di sempre nuovi tasselli nella sua rubrica “Storie di Libia” sul notiziario quotidiano Pagine Ebraiche e su Moked, il portale dell’ebraismo italiano. Lo stimolo da cui sono nate una serie di iniziative che stanno viaggiando nel mondo intero, per varcare anche le porte del museo del popolo ebraico di Tel Aviv.
(13 marzo 2022)