Ticketless – Eclisse della filosofia

Lo scivolone su Primo Levi compiuto in televisione da Donatella Di Cesare, puntualmente rilevato da Maurizio Crippa sul Foglio, mette a nudo una questione più ampia che riguarda lo stato attuale della filosofia nell’Italia di oggi. Comprendere Putin non vuol dire giustificarlo, esclama dai teleschermi, la Filosofa, appoggiandosi ad una delle risposte date agli studenti e collocate da Primo Levi in appendice all’edizione scolastica di Se questo è un uomo. Peccato che Levi sostenesse proprio il contrario. Cercare di capire e giustificare non sono la stessa cosa. Sbalordisce la superficialità teorica, ma anche la smemoratezza sulle stesse cose scritte in passato da Di Cesare. Fino a prova contraria Putin non è Heidegger, eppure oggi la nostra filosofa da talk show pare disposta a concedere al tiranno di Mosca ciò che si era ben guardata dal concedere al filosofo di Essere e tempo e ai suoi trascorsi nazisti.
Si è parlato tanto in questi mesi dell’eccessivo narcisismo degli scienziati, della loro vanità. Poco si è detto del male che affligge i nostri filosofi. L’Italia vanta una grande tradizione in questo campo. Duole vedere la decadenza di un pensiero che nel Novecento ci ha donato così tanto nel campo della filosofia della scienza, della filosofia politica, dell’etica. Oggi i filosofi cercano visibilità variando sopra una sola nota: quella delle ultime cose. Mettersi ai margini per farsi vedere di più, dire ciò che gli altri non avrebbero coraggio di dire, difendere le minoranze in nome della libertà di pensiero. Ieri sui vaccini, oggi sull’invasione dell’Ucraina. È come se la storia della filosofia si riducesse a una sola auctoritas: quella di un male inteso Voltaire difensore di qualsiasi causa. La malinconia è tanta: rimaniamo pur sempre il paese di Vico e Campanella, di Gentile, di Croce e di Gramsci. Chi ha abbastanza anni sulle spalle penserà ai Ludovico Geymonat, ai Mario Dal Pra, ai Luigi Pareyson, ai Claudio Cesa: una tradizione filosofica sempre attenta alla condizione umana, alla sofferenza degli oppressi, ai rigori della scienza, e, soprattutto, alla lezione delle cose. Non solo la tradizione positivistica si fondava sui dati di fatto. I vaccini hanno diminuito il costo di vite umane, quella di Putin è l’invasione di uno stato sovrano, Primo Levi ha scritto i Sommersi e i salvati cercando di capire che cosa sia stato il nazismo, senza lasciarsi sfiorare dal desiderio di volerlo giustificare.

Alberto Cavaglion

(16 marzo 2022)