Dare un rifugio ai profughi ucraini, il sito che apre le case all’accoglienza
Dall’Italia a Israele fino agli Stati Uniti, due giovani ragazzi americani hanno ideato una piattaforma – UkraineTakeShelter.com – che mette in contatto i rifugiati ucraini con persone disposte ad ospitarli in diverse parti del mondo. Il sito, tradotto da poco anche in italiano, è stato lanciato da Avi Schiffmann e Marco Burstein lo scorso 3 marzo e conta più di diecimila adesioni.
Il sito, presente in quindici lingue, è facile e intuitivo da usare sia per chi ha bisogno di ospitalità sia per chi vuole offrirla. I primi hanno a disposizione una barra di ricerca dove possono inserire la città – da quelle vicine all’Ucraina fino Milano e Tel Aviv – e vedere chi ha dato la propria disponibilità e contattare il possibile host tramite whatsapp o mail. Per chi invece è interessato ad ospitare, basta effettuare l’accesso tramite “diventa un host” e poi indicare la propria città e aggiungere diversi altri dettagli. Si può infatti specificare il numero di persone che si possono accogliere, se bambini, per quanto tempo, quali lingue si parlano, se si può offrire assistenza medica o legale.
“Siamo davvero molto emozionati. Abbiamo inventato qualcosa di utile e la gente ne sta approfittando come meglio può”, hanno raccontato ai media i due ideatori. Ad avere la prima intuizione è stato Avi Schiffmann, che nel 2020 aveva già realizzato un sito web gratuito di monitoraggio del Covid-19 usato da milioni di persone. A fine febbraio, dopo aver partecipato a una manifestazione a San Diego a favore dell’Ucraina, il diciannovenne studente di Harvard si è chiesto come potesse rendersi utile alla causa. “Volevo fare qualcosa che avrebbe avuto un impatto immediato”. Così è nata l’idea di un sito web per i rifugiati ucraini che avevano bisogno di posti dove stare in altri paesi. Un sorta di airbnb ma senza scopo di lucro. “Quella notte, ho iniziato a lavorare sulla progettazione dell’interfaccia utente e la struttura di base del sito, sono andato a dormire, mi sono svegliato la mattina e ho chiamato il mio amico Marco del college, che è un incredibile sviluppatore web”, ha spiegato Schiffmann al Washington Post. Marco Burstein, da Harvard, si è così messo all’opera e per tre giorni i due raccontano di aver lavorato senza sosta. “Abbiamo fatto di tutto per renderla elementare visto che i principali destinatari sono proprio soggetti esposti ad alti livelli di stress”, la filosofia dietro al sito. “Non volevamo sottoporre gli utenti alla tortura di riempire documenti e caselle all’infinito”.
Il 3 marzo, dopo tre giorni praticamente insonni, hanno lanciato Ukraine Take Shelter. “Se qualcuno ha un divano disponibile, può sostenere un rifugiato”, ha scritto sui social Schiffmann. “E se qualcuno ha un’intera casa, può metterla sul sito e sostenere un’intera famiglia”. In una sola settimana le adesioni dei possibili host sono state quattromila. Dagli Stati Uniti una persona, proponendo casa sua, ha scritto: “Devo chiedermi, ‘Se non io, chi? Se non ora, quando? “Non posso fermare questa invasione, ma la mia fede mi dice che ora è il mio momento per aiutare gli altri a trovare sicurezza e riparo”.
Tra coloro che hanno scelto di aderire all’iniziativa di Avi e Marco, anche l’organizzazione ebraica Chabad Ukraine Relief. “È di grande ispirazione collaborare con altre ong, in particolare con i visionari Avi Schiffmann e Marco Burstein, fondatori di ukrainetakeshelter.com”, ha dichiarato rav Avraham Berkowitz, rabbino che si occupa di coordinare gli aiuti di Chabad Ukraine Relief. Il sito aiuta “migliaia di rifugiati a trovare immediatamente ospiti che offrono loro alloggio gratuito in oltre 10.000 case e appartamenti”. L’obiettivo del sito ora, ha spiegato Schiffmann al Washington Post, è collegarlo alle agenzie che offrono aiuto agli ucraini. Guardando però ai siti governativi dedicati alla crisi, i due programmatori non hanno lesinato critiche. “Abbiamo scoperto che i siti esistenti gestiti dai governi per aiutare i rifugiati erano malfatti e pieni di gergo complicato. Invii qualcosa in una scatola nera e speri solo che qualcuno lo legga e ti aiuti”. Per questo hanno creato il loro in modo che fosse il più semplice possibile. “Qualcuno che scappa da esplosioni e spari è sotto stress e ha bisogno di qualcosa che sia più diretto e facile da usare”.
dr