Da Golda Meir alla Shoah, Zelensky e il discorso a Israele
Continua in queste ore l’assedio di Mariupol che si prepara alla “battaglia finale”, come la definiscono i giornali, dopo aver respinto l’ultimatum di Mosca ad arrendersi. A Kiev invece si aggrava il bilancio delle vittime dell’attacco russo contro un centro commerciale: al momento i morti sono sette, ma i corrispondenti di Repubblica e Corriere avvertono che il numero potrebbe salire. Da Kiev ha parlato ieri in un discorso molto atteso il presidente ucraino Zelensky ai parlamentari della Knesset e a tutta Israele. Il suo discorso è infatti stato proiettato, come riporta il Corriere della Sera, in piazza Habima a Tel Aviv, dove sono arrivate un migliaio di persone. Zelensky, unico presidente ebreo di un paese all’infuori d’Israele, ha richiamato Golda Meir, primo ministro israeliano nato a Kiev, e ha fatto diversi riferimenti alla Shoah. In particolare ha detto che Putin vuole la “soluzione finale” per l’Ucraina, ha paragonato i russi ai nazisti e tracciato similitudini tra ebrei in fuga dalla persecuzione e ucraini in fuga dalla guerra. È stato un discorso molto duro, come evidenzia Repubblica, in cui la richiesta era ad Israele di fare di più: di inviare a Kiev il suo Iron Dome e di sanzionare la Russia. Di mediare, come sta cercando di fare Bennett, ma scegliendo “tra il Bene e il Male”. I quotidiani israeliani scrivono che il governo non si aspettava posizioni così dure, e non sono mancate critiche da parte dei parlamentari ai paragoni con il passato.
“Ammiro Zelensky e sostengo il popolo ucraino – il commento ad esempio del ministro della Comunicazione Hendel – con il cuore e con i fatti, ma la terribile storia della Shoah non può essere riscritta. La guerra è tremenda, ma la comparazione con gli orrori della Shoah e la soluzione finale è oltraggiosa”. Un giudizio condiviso da altri deputati, riporta il Giornale, che sottolinea come “Israele fa ogni sforzo per essere al fianco dell’Ucraina senza compromettere in maniera eccessiva le sue indispensabili necessità di sicurezza”.
Negoziati. Mentre Zelensky si pronunciava davanti a Israele, la Turchia per bocca del ministro degli Esteri Mevlut Cavusoglu ha ostentato cauto ottimismo sui negoziati tra Russia e Ucraina. Negoziati in cui, come Gerusalemme, anche Ankara sta cercando di mediare. “Un accordo è vicino su quattro punti cruciali”, ha detto Cavusoglu in un’intervista (Corriere). I punti in totale sono sei e riflettono le richieste di Putin: “neutralità dell’Ucraina, la fumosa ‘denazificazione’ del Paese, disarmo e garanzie di sicurezza, la protezione della lingua russa, lo status delle sedicenti repubbliche separatiste del Donbass, il riconoscimento dell’annessione della Crimea”, riporta La Stampa, evidenziando come le parti in realtà non sembrino vicine a un’intesa.
Voci ebraiche ucraine. “Quel che temo di più adesso è la zona grigia, l’indifferenza camuffata da equidistanza. Lo dico da ebrea? No, lo dico da ucraina. Da ebrea invece, sono molto arrabbiata con Israele e penso che il presidente Zelensky abbia fatto bene a rivolgersi alla Knesset: è il momento di scegliere da quale parte stare”. Così a La Stampa la proprietaria del Jerusalem Café di Leopoli, in un articolo in cui si dà conto della posizione di alcune voci ebraiche della città. Che tra l’altro ribadiscono come l’accusa di un’Ucraina in mano ai nazisti sia pura propaganda russa: “Questa gente conta meno del 2%, il loro partito non è entrato neppure in parlamento”, spiega uno degli intervistati rispetto ai movimenti di estrema destra locali. Il quotidiano torinese interpella anche, da Israele, lo scrittore Abraham Yehoshua che non vede pericoli per gli ebrei d’Ucraina in quanto tali e soprattutto invita la Nato a fare di più. Secondo lui dovrebbe inviare carri armati a Kiev nella lotta contro Mosca. Sulla crisi ucraina, il Corriere dà conto della posizione di un altro scrittore israeliano, David Grossman. Per lui Bennett si sta muovendo bene, facendo il possibile, ma il governo invece a suo avviso non fa abbastanza per i rifugiati ucraini.
Lo scopo di Putin. Timothy Snyder, storico di Yale esperto di Europa Orientale, in poche parole a Repubblica riassume gli obiettivi di Putin in questa guerra: distruggere il governo di Kiev e annientare ogni aspirazione della società civile ucraina. Con due orizzonti. “A breve termine per umiliare l’Ucraina e ridurla a colonia. Non rappresenta nessuna minaccia reale alla Russia ma il suo esempio di democrazia sì. Mostra che una democrazia russa è possibile. Pensiamo a Zelensky: il Cremlino sostiene che i russi sono perseguitati in Ucraina così come gli ebrei. Eppure il presidente ucraino è russofono. E pure ebreo. Giovane, democratico, coraggioso, incarna quel che potrebbe essere un presidente russo se nel paese ci fossero libere elezioni: dunque va cancellato. Sul lungo termine, poi, Putin mira a destabilizzare l’Europa, anche con la nuova ondata di profughi. Sono dieci anni, d’altronde, che lavora in tal senso: finanziando destre e sovranisti”.
Resistenza e riscatto. Per lo storico Alberto Cavaglion “La lotta per l’indipendenza Ucraina ha la dignità della Resistenza”. Lo spiega in un’ampia riflessione pubblicata da Domani. “Se la memoria della Resistenza avesse ancora un significato, – scrive Cavaglion – se quella memoria occupasse ancora un autentico ruolo politico nell’Italia odierna, non fosse un mero flatus vocis strumentale, vedremmo figli e nipoti di quei partigiani, anche membri dell’Anpi, alzare la loro voce, scendere in strada per invitare i giovani ad ascoltarli, per esprimere la speranza che si formino, come in Spagna nel 1936, le Brigate internazionali. Lo spiega molto bene Michael Walzer in un’intervista apparsa sull’ultimo numero di Una città. Nulla s’è visto invece fino ad oggi, solo dei sofismi”.
Segnalibro. Cosa c’era dietro la figura di Attilio Teruzzi, tra i simboli del fascismo? Lo racconta Victoria de Grazia nel suo saggio Il perfetto fascista pubblicato da Einaudi e presentato oggi dello storico Giovanni De Luna su La Stampa.
Luciana De Marchi (1924-2022). Sul Foglio Gabriele Nissim ricorda Luciana De Marchi, scomparsa di recente e impegnata nel corso della sua vita a restituire dignità e verità al destino del padre. “Per tutta la vita Luciana è andata alla ricerca della verità sulla scomparsa del padre, per poi finalmente scoprire che lui, un comunista italiano, amico di Gramsci, andato esule a Mosca, era stato arrestato e fucilato a seguito di una delazione di alcuni esponenti del partito italiano diretto da Togliatti. – scrive Nissim – Quando ancora si trovava in Italia, infatti, il padre era stato accusato falsamente di aver fatto i nomi dei suoi compagni di lotta politica alla polizia”.
Indignazione a Gaza. Il Fatto Quotidiano segnala la rabbia a Gaza della popolazione verso il movimento terroristico di Hamas per “la costruzione di prestigiose e lussuose moschee per un valore di milioni di dollari” mentre 1,3 milioni di palestinesi vivono grazie ai sussidi ONU.
Daniel Reichel