Oltremare – I dettagli
Forse dico qualcosa di controcorrente, o addirittura rivoluzionario, ma certe volte nella storia è difficile non perdere il senso generale delle cose, e si finisce per guardare troppo i dettagli, soprattutto quelli dolorosi, fastidiosi o antipatici. Ieri sera ero in macchina mentre Zelenski faceva il suo discorso via zoom ai membri della Knesset sparpagliati ciascuno nel suo salotto, studio, ufficio. Fra le commissioni e il traffico, ho ascoltato con attenzione. Mi ha dato francamente fastidio la leggerezza con la quale ha fatto un calderone della storia del Novecento e l’ha scodellata come un uovo strapazzato davanti ai suoi ascoltatori – e cioè credo buona parte di Israele e non solo. E mi ha dato fastidio non perché io sia fra quelli che difendono l’unicità della Shoah a spada tratta, contro qualunque tentativo di paragone, ridimensionamento o discussione. No. È stato il voler mettere tutto assieme, le immagini di oggi che vediamo in televisione e sui social, e quelle precedenti che tutti abbiamo stampate nella memoria, come se davvero la storia si stesse ripetendo identica e ci fossero campi di sterminio ad aspettare tutti gli ucraini che non si arrendessero al novello dittatore. Chiunque legga le notizie anche più imprecise e di parte, può vedere da sé che non è così. Eppure.
Al di là del fastidio, al di là dei paragoni forzati e antistorici, al di là dell’utilizzo di una retorica trita e antiquata, c’è la realtà. Una realtà nella quale, nello stesso continente in cui si sono combattute – nel Novecento appunto – due sanguinosissime guerre mondiali, un capo di stato ha deciso un bel mattino di varcare i confini di un altro stato sovrano, e di portare la guerra ai suoi cittadini, prima e di più che ai suoi soldati. Qualcosa che nessuno dovrebbe poter lasciar passare, non in Europa e non in Israele di certo. Perciò mi scusino i delicati di spirito e i precisini: Zelenski ai membri della Knesset per quanto mi riguarda avrebbe potuto anche recitare l’elenco del telefono di Kiev con voce ispirata. O leggere Cappuccetto Rosso sottintendendo che il lupo è l’invasore. Quello che conta alla fine non sono tanto i suoi interventi virtuali presso i parlamenti di tutto il mondo ancora più o meno raziocinante, con i quali è improbabile che otterrà risultati, in diretta o poi dietro le quinte. Conta se noi, cittadini europei e israeliani, siamo ancora in grado di vedere con chiarezza chi sta dalla parte del torto e chi quel torto lo sta subendo. Chi porta guerra e distruzione e chi conta le vittime civili e le perdite militari, e la fuoriuscita dal paese di milioni di cittadini che non è possibile ora sapere se mai ritorneranno.
E questo senza parlare del futuro odio fra popoli che davvero non dovrebbe avere alcuna parte nella nostra storia contemporanea. Quando diciamo che la storia, nel senso peggiore del termine, potrebbe ripetersi, temo che sia questo uno dei punti non ancora entrati nel centro del dibattito: quando alla fine taceranno le armi, l’odio fra i popoli continuerà, per generazioni. Chiedete a qualunque ebreo, o cittadino di un paese occupato durante la seconda guerra mondiale, se oggi, ottant’anni dopo, ha piacere di sentir parlare in tedesco. Davvero, abbiamo imparato troppo poco dal Secolo Breve.
Daniela Fubini