“Paragoni con Shoah sbagliati, ma Zelensky affronta un’aggressione”
![](https://moked.it/files/2022/03/FOTjdExXEAIdWpg-790x444.jpeg)
Il 24 febbraio scorso il presidente ucraino Volodymir Zelensky ha pronunciato davanti ai leader europei un discorso che ha cambiato gli equilibri del conflitto con la Russia. “Questa potrebbe essere l’ultima volta che mi vedete vivo. Dovete fare di più per me”, il suo appello lanciato da un bunker di Kiev. Le sue parole hanno avuto effetto. Hanno smosso gli indecisi e portato all’imposizione delle sanzioni più severe mai applicate dall’Unione europea a un paese. La Russia è stata colpita nel profondo e all’Ucraina, paese extra Ue, sono state consegnate armi per difendersi da Mosca. Zelensky con quell’accorato appello aveva colpito nel segno.
Non si può dire la stessa cosa del suo recente discorso alla Knesset, a giudicare dalle reazioni registrate sui media d’Israele e dal suo mondo politico. Anche chi ha ribadito di essere pienamente dalla sua parte, ha precisato di non aver gradito i paragoni fatti dal leader ucraino tra il suo paese invaso dai russi e la Shoah. Ad esempio, la chiusura finale del suo discorso: “Gli ucraini hanno fatto la loro scelta. 80 anni fa. Hanno salvato gli ebrei. Ecco perché i Giusti tra le Nazioni sono tra noi. Popolo d’Israele, ora avete questa scelta”, ha dichiarato Zelensky. Quella che voleva essere un’esortazione ad aiutare è però risuonata come una distorsione storica. Come molti commentatori hanno fatto notare, solo pochissimi ucraini, per quanto eroici, difesero gli ebrei dalla persecuzione. La maggior parte collaborò con i nazisti e ebbe parte attiva nel genocidio ebraico.
Il paragone quindi non regge. Anzi è stato controproducente, come evidenzia il corrispondente diplomatico dell’emittente pubblica israeliana Kan, Amichai Stein. “Il presidente dell’Ucraina voleva reclutare gli israeliani, ma il suo discorso ha fatto sì che il suo messaggio principale venisse abbandonato a favore del dibattito sulle azioni degli ucraini 80 anni fa”. Secondo il direttore del Times Of Israel, David Horowitz, “piuttosto che indurre empatia o una rivalutazione”, Zelensky ha innescato, da parte di diversi parlamentari, “un’obiezione furiosa per i frequenti parallelismi che ha tracciato tra la situazione dell’Ucraina – le sue città bombardate, migliaia di morti e milioni di senzatetto – e quella degli ebrei nella Shoah”. La sue richieste, miste a durissime critiche, di aiuti militari (tra cui la fornitura di Iron Dome), di sanzioni alla Russia, di interventi più ampi a favore dei rifugiati sono rimaste impigliate nel discorso sui paragoni impossibili. E hanno perso efficacia.
Nel mentre anche uno dei bersagli delle critiche, il Primo ministro Naftali Bennett, ha invitato l’opinione pubblica a guardare oltre. Intervenendo a una conferenza del quotidiano Yedioth Ahronot, Bennett ha sottolineato di non poter immaginare cosa si provi ad essere ora nei panni di Zelensky. “Il suo paese e il suo popolo stanno affrontando una guerra molto difficile, centinaia di morti e milioni di sfollati”, ha ricordato il Premier, ribadendo dall’altro lato che la Shoah non dovrebbe essere usata come termine di paragone. “Personalmente, non credo che la Shoah debba essere paragonata a qualsiasi altro evento. È stato un evento unico nella storia dell’umanità con uno sterminio metodico e su scala industriale di una nazione nelle camere a gas. Un evento senza precedenti”, ha dichiarato il Premier. Per lui “gli israeliani dovrebbero essere orgogliosi di quello che stiamo facendo per i civili in Ucraina. Fin dai primi momenti abbiamo mandato degli aerei con tonnellate di attrezzature mediche e medicine. Stiamo aiutando in molti aspetti, compresi gli sforzi di mediazione”.
Altri commentatori in Israele hanno invece sostenuto le critiche di Zelensky. “Paragoni storici infruttuosi non riusciranno comunque a oscurare la cosa più importante che c’era nel discorso di Zelensky: un appello per una presa di posizione netta e chiara in relazione alla terribile guerra che la Russia sta conducendo contro il suo paese”, la riflessione dell’analista Ksenia Svetlova, ex parlamentare della Knesset e di origine russa. “Si dice che una persona non deve essere giudicata nel momento del dolore. Quindi non giudico, pur senza essere d’accordo su molti fatti sbagliati o controversi nel discorso del presidente dell’Ucraina. I suoi uomini vengono uccisi mentre si nascondono dal fuoco nelle sale dei teatri o negli scantinati delle case, i bambini ucraini sono orfani, il suo paese sta vivendo un orribile disastro”, ha ricordato Svetlova, che si è poi soffermato sulle richieste di Zelensky rispetto al rifornimento di armi e all’imposizione di sanzioni a Mosca. “I paesi che sono direttamente minacciati dalla Russia non hanno paura di imporle sanzioni e condannarla apertamente. Israele continua a nascondersi dietro la foglia di fico degli ‘sforzi di mediazione'”, l’aspra critica di Svetlova al governo israeliano. Per l’analista non sono sufficienti le chiare prese di posizione del ministro degli Esteri Yair Lapid, che ha condannato con fermezza l’aggressione russa. Israele, a suo parere, dovrebbe fare di più. Non accadrà però dopo questo intervento del presidente ucraino. “Sfortunatamente, il discorso di Zelensky non influenzerà l’attuale politica israeliana, né in materia di rifugiati né in materia di condanne e sanzioni. – scrive l’ex parlamentare della Knesset – E questo è ciò che si dovrebbe sapere dopo questa giornata che è stata satura di troppe parole vuote”. A considerazioni simili arriva anche David Horowitz. “Israele e gli israeliani dovranno vivere con le scelte che hanno fatto durante questa guerra, ha detto Zelensky a coloro che guardavano i leader politici nelle loro piccole scatole di Zoom. E poi è tornato a combattere senza di loro”.
Per Anshel Pfeffer non bisogna stupirsi dei toni forti di Zelensky. Li ha usati in tutti i discorsi con tutti i leader e parlamenti, adattandoli caso per caso. “Forse la componente più importante del suo discorso alla Knesset – sostiene Pfeffer – è stato il ripetuto avvertimento alla fine dei pericoli dell'”indifferenza” alla situazione dell’Ucraina. Può avere solo quattro anni di esperienza in politica, ma ormai sa bene che i discorsi ai parlamenti, non solo quello israeliano, non cambieranno le politiche fredde, calcolate e pragmatiche dei governi. Non è questa la ragione per cui Zelenskyy parla ai parlamenti”. Lo fa, aggiunge Pfeffer, per scuotere l’opinione pubblica e mantenere alta l’attenzione sul suo paese.