La legge di Mosè
C’è un ben noto detto nelle varie parlate della tradizione giudaico-italiana che recita: ‘La legge di Mosè, chi la piglia per il capo, chi la piglia per i piè’. Le varianti sono molte, ma il modello è quello, e il suo senso è chiaro. Il riferimento è all’halakhà, alla legge che si allenta e si irrigidisce a seconda della propensione, delle esigenze, delle situazioni, dei compromessi di ciascun singolo con la propria osservanza della precettistica ebraica. Ma il senso è anche, da una prospettiva non più dell’interesse individuale ma della cultura rabbinica, che la Torah, con tutte le sue leggi, è soggetta a varie interpretazioni, più o meno restrittive, tutte motivate e giustificabili sul piano halakhico, tutte rientranti nella definizione di ‘Legge di Mosè’, tutte riconosciute come applicazioni della Legge di Mosè, appunto.
Discorso superficiale e popolare, lo ammetto, ma di grande attualità, e che può – forse dovrebbe – essere ripreso oggi seriamente nel considerare l’adesione alla pratica delle mitzwot nelle nostre Comunità. Varrebbe cioè la pena di dedicare un’approfondita riflessione a quali siano i limiti della accettabilità in una comunità in crisi e che, malgrado tutto, riconosce il proprio legame con l’ebraismo e con i suoi principi ideali e di prassi. L’impegno e la spinta alla crescita, al perfezionamento, potrebbe non dover significare lasciare indietro – tanto meno isolare – chi è più lento o restio ad adeguarsi. L’interrogativo lancinante è se esista una halakhà, temporanea quanto si voglia, per una Comunità in crisi? L’interrogativo non è rivolto ai rabbanim, che potrebbero rispondere ciascuno a suo modo in base all’interpretazione che ciascuno di loro dà della Legge. L’interrogativo è rivolto alle pagine del Talmud, che sarebbe bello riuscisse a parlare da solo, senza intermediazioni, con la sua cultura e con le sue intenzioni, variegate e profonde. E con la sua estrema e non sempre riconosciuta apertura allo spirito di umanità. Ma si sa, la Legge non è in Cielo, è stata data agli uomini, e gli uomini ne fanno spesso quello che vogliono, allentando o irrigidendo a piacere. E, nel loro allentare e nel loro irrigidire, si dividono, anziché unirsi e concordare un luogo in cui assieme fare minian.
Dario Calimani