Zelensky e il ricordo del nonno “I nazisti bruciarono il suo villaggio”
I bisnonni del presidente ucraino Volodymyr Zelensky morirono a causa di un incendio appiccato al loro villaggio dai nazisti. Lo ha raccontato lo stesso Zelensky in un’intervista all’emittente americana CNN all’indomani del suo discorso alla Knesset. Come già in passato, il presidente ucraino nell’intervista ha ricordato come suo nonno e i fratelli entrarono tutti nell’Armata Rossa Sovietica. Il primo fu il solo a sopravvivere alla guerra. Poi ha aggiunto un elemento di cui non aveva fatto cenno in altre uscite pubbliche rispetto al destino dei genitori del nonno. “Suo padre e sua madre furono uccisi in un terribile incendio. I nazisti incendiarono l’intero villaggio dove vivevano e dove era nato mio nonno”, ha raccontato Zelensky al giornalista della CNN Fareed Zakaria. Quest’ultimo ha poi chiesto al presidente come lui, “che è di origine ebraica”, replica alla retorica della “denazificazione” dell’Ucraina usata dal presidente russo Vladimir Putin. “Quando i russi parlano dei neonazisti e si rivolgono a me, io rispondo solo che ho perso tutta la mia famiglia nella guerra, perché tutti loro sono stati sterminati durante la seconda guerra mondiale”.
Diversi media hanno fatto notare come il presidente ucraino ha parlato di guerra mentre non ha fatto riferimenti diretti alla Shoah. A dare una spiegazione più approfondita del perché è stato Alex Zeldin, firma dei media ebraici americani Forward e Tablet Magazine, richiamando l’impegno del regime sovietico a cancellare ogni riferimento specifico alla persecuzione ebraica da parte dei nazisti. “La politica sovietica dopo la guerra seguiva una narrazione: il popolo sovietico ha sofferto molto. Il governo non voleva riconoscere che i nazisti avevano preso di mira gli ebrei specificamente per lo sterminio”. La propaganda di regime non permetteva differenze. E per questo gli ebrei “sovietici che non seguivano la linea del partito” furono puniti. Zeldin porta in particolare l’esempio del Comitato Ebraico Antifascista, che aveva raccolto fondi in Occidente per conto del governo sovietico durante la guerra. Il Comitato si impegnò, negli ultimi anni del conflitto, a documentare le atrocità naziste contro gli ebrei sovietici. I suoi rappresentati furono giustiziati da Stalin il 12 agosto 1952 al termine di un processo farsa. Un episodio passato alla storia come la “Notte dei poeti assassinati”.