Ticketless – Beppe Sajeva
Vorrei ricordare oggi un ebreo partigiano, deceduto il 16 marzo scorso all’età di 95 anni. Beppe Sajeva, figlio di un ebreo bosniaco, Khalil Saviev, e di Esther Vitta. In queste ore in cui il pathos della Resistenza ucraina ci ricorda l’eroismo di uomini come Beppe, la commozione è tanto più grande.
Era nato a Torino nel 1927; all’età di 17 anni entrò nella Resistenza, nella brigata autonoma Val Sangone: esperienza narrata poi in un bel volume di memorie: Appunti di vita partigiana di un ragazzo ebreo (Graphica Ma.Ro, 2009). Dopo la fine della guerra, nel 1947, era stato volontario in Israele, dove si trasferì per un certo periodo. Amava Israele ed era orgoglioso delle sue conoscenze di quel mondo e della lingua dei Padri, ma era al tempo stesso insofferente verso ogni retorica. Un uomo coraggioso e passionale, arguto e simpatico, che ho conosciuto e ammirato. Si trasferì nella vecchiaia, con la moglie Nina, nel cuneese, scegliendo credo non a caso la città martire della Resistenza, Boves. Fu a lungo apprezzato fotografo per le pagine locali del quotidiano La Stampa, ma usciva dall’autoisolamento che s’era imposto, scrivendo lettere ai politici, alle redazioni dei giornali quando trovava a ridire contro l’ipocrisia e le ingiustizie, quelle piccole e quelle grandi.
Girava per strade e piazze e mi piace oggi ricordarlo così, con la macchina fotografica al collo e il sorriso sul viso.
Alberto Cavaglion