Il conflitto e le politiche agricole
L’articolo giustamente allarmato di Borillo e Gabanelli sul Corriere della Sera del 21 marzo mette in evidenza i pericoli reali di una prossima carenza di derrate alimentari che finora venivano importate dall’Ucraina. Nulla da obiettare, però a mali estremi, estremi rimedi. Il motivo per cui si importavano era la convenienza commerciale: produrli in casa era troppo costoso ed era conveniente rivolgersi a mercati che praticassero prezzi più bassi. La guerra ha fatto “evaporare” la convenienza in poche ore. È spiacevole, ma occorre adattarsi e rapidamente. La stagione delle semine è questa e non si può tardare. La PAC (politica agraria comune dell’Europa) aveva imposto forti limiti alle produzioni interne. Questi limiti devono essere urgentemente ripensati e i divieti rimossi in fretta: la natura non aspetta i tempi della burocrazia.
Per concimare le produzioni vegetali di derrate occorrono fosforo, azoto e potassio. Malgrado gli allarmi la situazione non è così grave come prospettato. L’azoto, elemento fondamentale nelle produzioni agricole, è prodotto in abbondanza negli impianti petrolchimici (Brindisi, Ravenna e altrove) sotto forma di urea derivata dalla sintesi di ammoniaca. Finora si preferiva (perché a prezzi più bassi) importare: adesso l’Italia e l’Europa devono rimboccarsi le maniche e produrre negli impianti che hanno a disposizione.
I fosfati sono prodotti mediante la macinazione di rocce fosfatiche presenti in vari paesi, tra cui Israele (Mar Morto): la Russia non può bloccare l’agricoltura italiana. Lo stesso si può dire dei concimi potassici. Quindi la minaccia di Mosca di strangolare l’Occidente impedendo l’esportazione di concimi è un’arma spuntata che si ritorce su chi la scaglia.
Il punto è un altro: l’Italia e l’Europa devono cambiare i canali di approvvigionamento delle materie necessarie. Questo comporta cambiamenti di abitudini e l’elaborazione di nuove politiche di rifornimenti. È un lavoro complesso che va effettuato con urgenza, ma non credo che Draghi e il governo che presiede avranno difficoltà ad elaborare (whatever it takes) una politica innovativa che escluda la Russia (e anche l’Ucraina) dagli approvvigionamenti strategici.
Roberto Jona, agronomo