L’omaggio di Casale a Lisetta Carmi
Israele, il racconto della complessità
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È lungo l’elenco delle buone ragioni per visitare la mostra dedicata a Lisetta Carmi nella sede della Comunità ebraica di Casale Monferrato. Cominciamo dal contesto: ci sono le immagini di un’artista proveniente da una delle più antiche famiglie ebraiche genovesi, che sceglie di ritrarre un periodo cruciale nella storia di Israele, esposte per la prima volta in un ambiente coerente dal punto di vista culturale. C’è però anche il contesto generale di un evento inserito in un festival biennale della fotografia, tanto ambizioso quanto connesso ai luoghi della città in cui è ospitato. Questo MonFest, sotto la direzione artistica di Maria Teresa Cerretelli, vede 12 diverse esibizioni sparse per i capolavori del centro storico. Il raffronto con i Rencontres de la photographie di Arles è immediato: anche qui ci sono nomi importanti, certo, ma soprattutto c’è il genius loci che esalta stile, tecnica e visione di ogni autore. I visitatori si perdono affascinati negli accostamenti tra gli scatti e le sale del Castello, gli affreschi di Palazzo Treville, gli stucchi del Teatro Municipale, le arenarie del nartece della cattedrale. Non poteva mancare alla lista la Casale che da 400 anni si raccoglie attorno alla sinagoga.
La mostra curata da Daria Carmi e Giovanni Battista Martini raccoglie 35 scatti, in gran parte inediti, frutto di due viaggi di Lisetta Carmi in Israele: il primo nel 1962 il secondo nel 1967, dividendoli nei due ambienti dello spazio espositivo (che si chiama Sala Carmi, si tratta però di una fortunata omonimia). Ci restituiscono l’humus che ha dato origine allo Stato, fatto di immigrazione, stratificazione culturale, sociale religiosa, non certo di prosperità. Ci sono giocatori di carte yemeniti che potrebbero essere usciti da un film neorealista, lo sguardo fiducioso di un immigrato da San Nicandro, campi beduini, un giovanissimo e magrissimo militare: mitra, peot, una divisa che sembra di due taglie in più. E poi bambini, tanti bambini, ebrei ortodossi, indiani, arabi: c’è una nazione che sta crescendo e si vede.
Tutto questo è sicuramente un ottimo motivo esserci, ma nulla supera la bellezza di scoprire la figura di donna leggendaria. Nata a Genova nel 1924, pianista internazionale, attivista politica, viaggiatrice, considerata una delle grandi figure della fotografia italiana. Conoscerla è rendersi conto che anche nel nostro paese ci sono stati personaggi capaci di raccontare il mondo “dal basso” e l’analogia con Margaret Bourke-White e immediata. A 98 anni è stata lei stessa, dal suo eremo a Cisternino in Puglia, dove si è ritirata da tempo, a scegliere gli scatti per questa mostra, da un portfolio di oltre 2000 immagini, insieme proprio a Martini, curatore anche dell’Archivio Lisetta Carmi. Sentire raccontare la sua storia è vivere un’epopea che comincia dagli scontri di Genova contro il Governo Tambroni e passa attraverso l’attivismo politico nelle lotte sociali dell’Italia del dopoguerra. Una storia dove la fotografia è quasi una scoperta casuale per documentare la condizione di popoli e lavoratori. Martini racconta un aneddoto famoso: “Il suo insegnante di pianoforte non vuole che Lisetta partecipi alle manifestazioni per paura che possa danneggiarsi le sue mani. lei risponde che se le sue mani non potranno essere utili alla lotta, allora è meglio non suonare”. Lo fece davvero.
In un luogo come questo è soprattutto il legame con l’ebraismo ad essere importante. “Lisetta si iscrive a un corso di lingua ebraica per poter meglio capire la realtà di Israele in previsione di visitare quei luoghi continua il curatore – vi soggiorna per la prima volta nel corso degli anni Cinquanta e dove tornerà più volte. Nel 1960 intraprende una lunga tournée nell’ambito degli scambi culturali con l’Italia. Si esibisce con successo a Gerusalemme, Haifa, Tel Aviv, ma anche a Nethanya o al Kibbutz Yavne”. Nello stesso anno interrompe l’attività concertistica per dedicarsi alla fotografia. Due anni dopo, nel corso dell’inverno 1962-1963 torna come fotografa in Israele, alla ricerca delle proprie radici, ma anche con l’intento di documentare uno Stato, sospeso tra l’esperienza socialista dei kibbutz e la modernizzazione, tra l’occidentalizzazione e la tradizione dei gruppi più ortodossi. Lisetta tornerà in Israele dopo la guerra dei sei giorni, un’esperienza che la lascerà turbata.
“Lisetta Carmi è una grande artista – sottolinea Daria Carmi, Young Curator della Fondazione Arte Storia e Cultura Ebraica a Casale Monferrato e nel Piemonte Orientale Onlus – il cui lavoro vive oggi un momento di riscoperta e attenzione. È il giusto riconoscimento alla sua ricerca e produzione fotografica in molti anni di attività, dove cifra estetica e valore documentale si sommano restituendo un lavoro prezioso e significante. Si tratta di una grande occasione per scoprire oggi e riconoscere come ‘parlante’ e attuale quanto catturato da Lisetta Carmi oltre cinquanta anni fa”.
Alberto Angelino
(27 marzo 2022)