Rav Paolo Sciunnach, rav Ariel Finzi
due nuovi rabbini
per l’Italia ebraica

Lo spazio da dare alla kavanah, e cioè “l’intenzione del cuore, la gioia, consapevolezza e passione” per compiere un precetto. La posizione della halakhah, la Legge ebraica, a proposito della figura moderna della spia che opera per Israele. Quali, ad esempio, le eccezioni contemplate.
È approfondendo anche questi temi, oggetto delle rispettive tesi, che rav Paolo Sciunnach e rav Ariel Finzi hanno conseguito il titolo rabbinico maggiore andando a concludere un percorso di studi intenso e serrato. Un traguardo festeggiato in queste ore in tutto l’ebraismo italiano.
Sei le fasi di cui si compone l’esame per ottenere il titolo: interrogazioni su Tanakh, Talmud, Halakhah. E ancora la discussione della tesi, il tema, la simulazione di un discorso pubblico. Per entrambi una prova superata brillantemente. Ad esaminarli a Milano una commissione composta da cinque rabbini: rav Alfonso Arbib, rav Riccardo Di Segni, rav Alberto Moshe Somekh, rav Ariel Di Porto, rav Yakov Simantov.
“Il raggiungimento di un traguardo cui mi ero prefisso di arrivare da molto” commenta rav Sciunnach, nato a Genova nel 1977, maskil del Collegio rabbinico italiano dal 2010 e attuale docente di Ebraismo presso la scuola ebraica di Milano. Un percorso caratterizzato anche da interruzioni non irrilevanti, ma in qualche modo sempre funzionali. Come, sottolinea, “gli anni trascorsi in una yeshivah di Bnei Brak, dal 2004 al 2008”. Tra gli argomenti approfonditi in sede d’esame le caratteristiche peculiari dell’ebraismo italiano, a livello sia nazionale che locale, in relazione all’ortodossia. Un’analisi che si è dipanata “su un piano storico, ma che si è anche incentrata sull’individuazione di possibili soluzioni”. Anche in ambito di impegni educativi e formativi da attivare, “non necessariamente rivolti a un solo pubblico giovanile”. La semikhah, prosegue il rav, “apre finalmente tutte le porte: l’idea è di dare un contributo all’ebraismo italiano, non escludendo anche l’ipotesi di svolgere la funzione di rabbino di una Comunità”.
Un fronte sul quale è impegnato da tempo rav Ariel Finzi, rabbino di Napoli dal 2015. Nato a Torino, è maskil dal 2002 e nel suo passato può vantare una significativa esperienza in azienda (è laureato in ingegneria). “Il coronamento di un lungo percorso di studi”, dice di questa nuova tappa. La motivazione per andare avanti gli è arrivata proprio dalla Comunità di Napoli che, spiega il rav, “mi ha sempre dato un supporto eccezionale, facendomi venire la voglia di concluderlo”. La sua tesi era interamente in ebraico ed è stata dedicata a una figura “che mi ha sempre affascinato” e alla quale ha dedicato anche alcune conferenze. Quella cioè di Eli Cohen, agente segreto che operò per conto di Israele in Siria. Talmente abile in questo suo incarico da arrivare a ricoprire la carica di viceministro della Difesa di Damasco. La sua storia, con un finale purtroppo tragico, è stata al centro di una popolare serie tv con principale interprete Sacha Baron Cohen. Un esempio, il tema esposto davanti alla commissione, “della possibilità che vi è nell’ebraismo di affrontare davvero ogni argomento”.

(Nell’immagine: rav Paolo Sciunnach e rav Ariel Finzi al termine dell’esame per ottenere il titolo rabbinico maggiore; con loro anche rav Alfonso Arbib, il presidente dell’Assemblea rabbinica italiana)

(1 aprile 2022)